Finora si è parlato solo del valico caldo del Brennero dopo il giro di vite del Tirolo sull’autotrasporto, ma un altro fronte si è aperto su tutto l’arco alpino e questa volta riguarda le ferrovie con le manovre al confine. Anche se l’impatto non ha ovviamente la stessa rilevanza, ciò non toglie che abitudini consolidate vengano messe in discussione nelle manovre che riguardano quegli impianti in cui avviene il cambio tra l’amministrazione ferroviaria italiana e quelle degli altri Paesi. Sull’organizzazione delle manovre ai confini era intervenuta a ottobre 2019 l’Autorità di Regolazione dei Trasporti (Art) dettando nuove regole rivolte a Rfi, il gestore della rete.
La delibera ha aperto uno scenario difficile da prevedere perché Rfi potrà scegliere di fatto quale soluzione adottare tra la gestione in proprio, l’affidamento a terzi mediante gara, il semplice servizio “di lancio” della locomotiva, per arrivare al limite della dismissione completa del servizio. Questo però non significa la deregulation totale, perché Rfi per ogni impianto di confine deve motivare la propria scelta e comunicarla all’Autorità che la deve comunque convalidare. Il gestore della rete ha subito reso noto che intende dismettere completamente il servizio negli impianti di Domo II, Brennero, Tarvisio e Villa Opicina.
Ovviamente le imprese ferroviarie non sono state alla finestra anche perché su indicazione dell’Autorità è stato istituito un Tavolo di lavoro per discutere e proporre soluzioni operative. C’è da dire comunque che Rfi per tutto il 2020 deve garantire l’attuale servizio per tutti gli impianti di confine. “La manovra ai confini è uno dei fattori di debolezza, perché comporta tempi di transito molto lunghi e oneri aggiuntivi”, osserva Luigi Legnani, presidente di FerCargo, l’associazione delle imprese ferroviarie (18 associate che rappresentano il 50% del traffico merci).
Da parte sua Rfi osserva che il sempre maggiore ricorso a locomotive interoperabili politensione rende superflui i servizi di manovra ai confini. “Le macchine interoperabili”, commenta Legnani, “hanno un costo di acquisto decisamente più importante che si giustifica solo se rappresenta un vantaggio effettivo per l’impresa ferroviaria, non una semplice necessità per superare un vincolo tecnico”.
Il gruppo di lavoro delle imprese una propria proposta l’ha messa a punto e la stessa è stata inviata all’Art. La soluzione, relativamente semplice ed economica, consiste nel dotare gli impianti di confine di un sistema elettrico commutabile tra i diversi tipi di corrente, in modo da ridurre i costi di manovra (non serve più il locomotore “di lancio” e il gestore della rete deve solo governare il cambio elettrico). L’esempio è quello offerto dallo scalo internazionale di Chiasso dove esistono binari commutabili. Tra l’altro l’impianto di confine tra Italia e Svizzera ha fatto un salto tecnologico proprio con la collaborazione dell’italiana Italferr. Oltre ad aver ricevuto un moderno apparato centrale digitale comandato dalla nuova centrale di Pollegio ora ha un sofisticato sistema di protezione che interviene automaticamente in sicurezza in caso di eventuali sconfinamenti delle locomotive sotto la tensione “sbagliata”.
Piermario Curti Sacchi