Londra lascia all’Unione Europea solo quattro mesi di tempo per trovare una bozza generale di un accordo che sciolga i numerosi nodi causati dall’uscita del Regno Unito dall’Unione. Il divorzio formale è avvenuto il 1° gennaio 2020, ma è previsto un periodo di transizione di un anno, fino al 31 dicembre, stilare un accordo commerciale generale e numerosi accordi in campi specifici, tra cui il trasporto, necessari per proseguire senza difficoltà gli scambi di merci e di persone.
Però il 27 febbraio Londra ha deciso di accelerare i tempi senza preavviso, dichiarando che vuole trovare un accordo di massima entro giugno, da finalizzare entro settembre, altrimenti adotterà un accordo simile a quello dell’Australia, che si basa sulle regole fondamentali dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, interrompendo così il periodo transitorio. La dichiarazione del Governo inglese viene alla vigilia dei colloqui formali tra le parti, che inizieranno il 1° marzo e serve evidentemente per spaventare Bruxelles. Finora, le delegazioni non sono riuscite neppure a definire la modalità della trattativa.
Il rischio è uno stallo o perfino un fallimento del dialogo, a causa dei nodi presenti da tempo e che hanno finora rinviato la Brexit, primo tra tutti quello del confine in Irlanda tra Ulster e Dublino. Una situazione che potrebbe portare al fallimento della trattativa, tornando allo spettro della hard Brexit, ossia l’uscita senza accordi. “Rispetteremo tutti i nostri precedenti impegni nella dichiarazione politica”, ha twittato Michel Barnier, capo negoziatore dell’Unione Europea, aggiungendo che “in futuro, vogliamo una partnership ambiziosa ed equa con il Regno Unito”.