Lo sciopero più eclatante è iniziato il 17 marzo 2020 nella piattaforma logistica Amazon di Castel San Giovanni, in provincia di Piacenza, dove quattro sindacati (Cgil, Cisl, Uil e Ugl) affermano di avere riscontrato la “mancata integrale applicazione da parte di Amazon a quanto si è tradotto nell’intesa siglata tra Governo e Parti Sociali, con la redazione del Protocollo per il contrasto e il contenimento della diffusione del Covid-19 negli ambienti di lavoro, volendo apportare modifiche alla nostra proposta, di fatto depotenziando lo scopo che l’intera comunità si sta dando. Riteniamo tale comportamento inaccettabile e pericoloso per la salute dei dipendenti e dei loro contatti esterni”.
Per questi motivi, i quattro sindacati hanno proclamato il 16 marzo lo stato di agitazione “che si traduce con l’astensione del lavoro straordinario facoltativo e/o obbligatorio e con lo sciopero decorrente dal turno notturno delle ore 20 della giornata odierna, e fino al recepimento e al rispetto integrale delle disposizioni”. Amazon risponde di stare “eseguendo rigorosamente le indicazioni fornite dal Governo e dalle autorità sanitarie locali nell’implementare in tutti i siti le giuste misure per contenere l’emergenza sanitaria in corso”.
Ma la mappa degli scioperi nella logistica, soprattutto in quella dell’ultimo miglio, comprende anche altre località e aziende. Le principali proteste sono organizzate dai sindacati di base, ma si mobilitano anche quelli confederali. Il 13 marzo sono iniziati scioperi in alcuni corrieri a Genova e il 16 marzo hanno scioperato gli autisti della Gls a Sesto San Giovanni, alle porte di Milano. La pagina Facebook del SiCobas riposta un elenco di una quarantina di piattaforme di tutta Italia e di diverse aziende che si sarebbero fermati completamente o parzialmente. Le due sigle contestano il Protocollo firmato dai sindacati confederali e hanno proclamato lo stato di agitazione.