La situazione sindacale delle piattaforme Amazon in Italia appare ancora piuttosto tesa, a causa delle vertenze sindacali, aperte soprattutto dalla Cgil, sulla sicurezza connessa alla pandemia di Covid-19. Nel centro di distribuzione di Torrazza Piemonte - dove nei giorni scorsi è risultato positivo un lavoratore, causando la quarantena per i colleghi che sono stati a stretto contatto con lui - è iniziata una vertenza sindacale da parte della Filt e della Nidil Cgil sulla sicurezza nella piattaforma.
Non c’è accordo tra Amazon e i sindacati sulle misure di prevenzione contro la Covid-19 da prendere nel magazzino. L’azienda afferma di avere aumentato l’igienizzazine delle postazioni, mentre i sindacati chiedono mascherine e la rilevazione della temperatura di ogni lavoratore, dichiarando anche in certe situazioni – come il cambio del turno, il pranzo o gli spogliatoi – non si riesce a mantenere la distanza di sicurezza di un metro.
Durante la vertenza, i sindacati hanno presentato due esposti alla Magistratura e quindi la Procura d’Ivrea ha deciso di aprire un fascicolo, senza per ora né indagati, né ipotesi di reato. Ma ciò ha permesso allo Spresal e ai Nas di compiere un sopralluogo nel magazzino, che resta operativo.
Nei giorni scorsi c’è stata tensione anche nell’impianto di Passo Cortese, alle porte di Roma, dove lavorano circa duemila persone e dove secondo la Filt Cgil non sarebbero rispettate le misure previste dal Governo per la prevenzione del contagio nei posti di lavoro. Dopo le proteste del sindacato, l’azienda ha modificato l’organizzazione del lavoro per aumentare la distanza tra le persone e questo provvedimento sembra avere allentato la tensione.
Nella grande piattaforma Amazon di Castel San Giovanni, alle porte di Piacenza, lavorano almeno 1500 persone. Qua i sindacati hanno proclamato uno sciopero a oltranza iniziato il 17 marzo, proseguito anche il giorno successivo, per avere maggiori misure di protezione e ridurre il carico di lavoro tramite la sospensione degli ordini di prodotto non ritenuti indispensabili (decisione poi presa da Amazon per Europa e Usa).
Amazon è stata citata anche dal segretario nazionale della Cgil, Maurizio Landini, che nella trasmissione televisiva Piazza Pulita del 19 marzo: “Non è accettabile che il profitto di Amazon venga prima della sicurezza delle persone”, ha dichiarato, aggiungendo che il protocollo impone che se non si riesce a rispettare il metro di distanza, il lavoratore deve avere le protezioni individuali e queste non ci sono “egli non dovrebbe lavorare”. Amazon dovrebbe quindi, secondo Landini, attivare la cassa integrazione per riorganizzarsi ed evitare che le persone siano ammassate.