La mattina del 26 marzo 2020, giorno in cui dovrebbe avvenire la serrata dei distributori di carburanti annunciata dalle associazioni Faib (Cofesercenti), Fegica (Cisl) e Fegisc/Anisa (Confcommercio) il 24 marzo non è chiaro che cosa intendano fare i gestori. In realtà non è neppure chiaro che cosa hanno proclamato le associazioni. Infatti, nel comunicato del 24 marzo, dopo avere indicato le difficoltà dei gestori, si legge che “di conseguenza gli impianti di rifornimento carburanti semplicemente cominceranno a chiudere: da mercoledì notte quelli della rete autostradale, compresi raccordi e tangenziali; e, via via,tutti gli altri anche lungo la viabilità ordinaria”.
Questa dichiarazione è stata letta come una dichiarazione di serrata, anche perché pone una data precisa. Quindi sono iniziate le reazioni, anche delle associazioni degli autotrasportatori, per le conseguenze che la chiusura degli impianti hanno in questo momento d’emergenza. È vero che viaggiano pochi veicoli, ma quelli che lo fanno (compresi i veicoli industriali) sono necessari alla vita dei cittadini e delle imprese ancora aperte. È intervenuto formalmente anche la Commissione garante degli scioperi, secondo cui la chiusura non è legittima.
La Commissione ha invitato “le Organizzazioni sindacali a revocare immediatamente l’astensione, dandone tempestiva comunicazione anche alla Commissione. Resta fermo che la Commissione accerterà, in seguito all’eventuale apertura del procedimento di valutazione, ogni altra violazione che dovesse emergere. Il Garante ribadisce il fermo invito a tutte le organizzazioni sindacali, fino al 31 marzo 2020, considerato lo stato di emergenza epidemiologica dichiarato sul territorio nazionale, dovuto al diffondersi del virus Covid-2019, a non effettuare scioperi che coinvolgano i servizi pubblici essenziali, dal momento che essi non farebbero altro che aggravare la condizione dei cittadini”.
Di fronte a questa reazione, le tre associazioni hanno fatto una parziale marcia indietro, dichiarando il 25 marzo di non avere indetto alcuno “sciopero”, aggiungendo che i gestori lottano “per rimanere aperti e non per chiudere”. Nella nota spiegano che “le nostre federazioni hanno ragione di ritenere che i gestori, da soli, in assenza di interventi immediati di sostegno, non sono più a lungo nelle condizioni di sopportare, sia sotto il profilo sanitario che sul piano economico, tutto l’onere necessario, nella presente drammatica congiuntura, ad assicurare la continuità e la regolarità del servizio essenziale di cui qui si parla”.
Il ministro dello Sviluppo Economico, Stefano Patuanelli, ha risposto convocando i gestori in videoconferenza il pomeriggio del 25 marzo, con la partecipazione anche della ministra dei Trasporti, Paola De Micheli. Dalla riunione non sono emersi provvedimenti concreti, bensì l’avvio di un Tavolo di approfondimento che proseguirà nei giorni prossimi, anche con il coinvolgimento dei gestori autostradali e delle compagnie petrolifere.
Quindi la situazione della chiusura degli impianti resta confusa e le associazioni non contribuiscono a chiarirla. Infatti, in una nota del 25 marzo scrivono: “Faib, Fegica e Figisc/Anisa, pur riconoscendo l’impegno ad alto livello da parte del Governo, alla luce della mancanza di soluzioni a breve, confermano il notevole stato di disagio della Categoria e la forte difficoltà a garantire l’attività: ciò, inevitabilmente, porterà alla chiusura delle aree di servizio – a partire da quelle autostradali – si troverebbero nell’impossibilità di pagare i dipendenti e i rifornimenti. La situazione con le caratterizzazioni del caso potrebbe poi coinvolgere in seguito anche la rete ordinaria”.
A questo punto è necessario che il Governo intervenga con chiarezza e con la stessa fermezza con cui nei giorni scorsi ha chiuso milioni d’italiani in casa e l’attività di migliaia di aziende, ossia prendendo provvedimenti nei confronti dell’intera filiera (comprese quindi le società autostradali e le compagnie petrolifere) che garantiscano il rifornimento di carburante ai veicoli che stanno svolgendo un servizio essenziale ai cittadini e alle fabbriche che stanno producendo beni essenziali.