Cresce l’attenzione della magistratura verso il servizio di consegna a domicilio di pasti svolto con ciclo-fattorini. Dopo alcune cause civili concluse nei mesi scorsi con un esito tendenzialmente favorevole ai rider, ora i magistrati iniziano a lavorare sul fronte penale. Un passo importante lo ha compiuto la Procura di Milano, che ha avviato un’indagine affidata alla Guardia di Finanza su Uber Italy, che gestisce il servizio Uber Eats. Il 29 maggio, la Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto l’amministrazione giudiziaria della società per caporalato, accusa che comprende diversi episodi di sfruttamento.
Secondo gli inquirenti, Uber Italy ha usato una società d’intermediazione di manodopera per sfruttare persone in posizione socialmente ed economicamente debole, come migranti provenienti da zone di guerra, richiedenti asilo, dimoranti in centri d’assistenza temporanea o in stato di bisogno. I reati ipotizzati nell’inchiesta contro Uber Italy sono lo sfruttamento sul lavoro e l’approfittamento dello stato di bisogno. Secondo i magistrati, lo sfruttamento sarebbe agevolato dal "forte isolamento sociale in cui vivono questi lavoratori", che offre "l'opportunità di reperire lavoro a bassissimo costo, poiché si tratta di persone disposte a tutto per sopravvivere, sfruttate e discriminate da datori di lavoro senza scrupoli".
Secondo la dichiarazione di uno di loro, la retribuzione era di tre euro a consegna, indipendentemente dal giorno e dall’ora. Questa è la prima volta che una società di consegna a domicilio è accusata per caporalato e l’azione potrebbe seguire l’indagine conoscitiva aperta nel settembre 2019, sempre dal Tribunale di Milano, sulla condizione dei rider, senza però ipotizzare alcuna ipotesi di reato.