Alla fine della fase più acuta dell'emergenza Covid-19, Tirrenia e Moby si ritrovano ad affrontare i creditori, in una situazione di mercato buona (a causa della ripresa dei flussi turistici verso le isole) ma con l'incognita di un futuro minacciato da un ritorno del virus e dalla recessione economica. Così, per prevenire azioni da parte dei creditori, il Gruppo Onorato ha deciso di chiedere il concordato in bianco, che apre la via alla procedura 182 bis. Ciò comporta, in concreto, un congelamento delle azioni dei creditori per 180 giorni, periodo nel quale le parti dovrebbero trovare un accordo per la ristrutturazione del debito, per il quale si stava già trattando prima della pandemia.
Sul versante opposto del tavolo preme soprattutto il consorzio formato dai fondi hedge found che hanno sottoscritto l’obbligazione Moby da 300 milioni di euro che scadrà nel 2023. Sono gli stessi obbligazionisti che nel 2019 hanno presentato una domanda di fallimento, respinta dal Tribunale di Milano. A questo fronte si aggiunge quello dei commissari straordinari della vecchia Tirrenia, che hanno sequestrato i conti della compagnia nuova (sequestro poi trasferito sulle navi) per tutelare il credito di 180 milioni (dei quali 115 scaduti).
La pandemia ha notevolmente ridotto l’attività di traghettamento con Sicilia e Sardegna, ma la ripresa della terza fase sta facendo recuperare parte delle perdite. Inoltre, Tirrenia beneficia del rinvio di un anno della convenzione per la continuità territoriale (provvedimento su cui la concorrente Grimaldi ha annunciato ricorsi). Non è invece ancora noto il bilancio 2019 delle due compagnie, a causa dei rinvii per il deposito concessi nell’ambito delle proroghe per la Covid-19.