Gli aumenti dei noli container e i ritardi delle navi hanno reso molto tesi i rapporti tra spedizionieri e compagnie marittime nel trasporto dei container. Un rapporto che sta ulteriormente peggiorando a causa del blocco di sei giorni del Canale di Suez provocato dall’incagliamento della portacontainer Ever Given, secondo l’associazione europea degli spedizionieri Ceclat. In una nota, scrive che “il blocco di Suez non fa che peggiorare l'attuale perturbazione della catena di approvvigionamento marittimo, aggiungendo da due a tre settimane al tempo di andata e ritorno per nave, tagliando di fatto la capacità di trasporto della flotta esistente dedicata al mercato Asia-Europa sostanzialmente da un giorno all'altro”.
Ma il problema non riguarda solo i container in ingresso in Europa, anzi la tempesta può colpire soprattutto l’export. La Ceclat porta l’esempio di Msc, che in Belgio non permetterà più alle portacontainer d’imbarcare i container vuoti provenienti dall’entroterra. “I vettori marittimi cercano da tempo il modo di avvicinare direttamente i caricatori, ma ora sfruttano la penuria di container esacerbata dalla crisi di Suez per attirare più flussi”, denuncia l’associazione, aggiungendo che “fanno lo stesso attraverso i costi di controstallia e di detenzione che sono più alti a causa dei ritardi e dei tempi di attesa ai terminali. Con questo comportamento vediamo ancora una volta che le linee di navigazione integrate verticalmente approfittano della loro posizione dominante”.
Gli spedizionieri europei ribadiscono la loro opposizione al costante aumento delle dimensioni delle portacontainer, espressa dal 2015 dall’International Transport Forum: “Non c'è dubbio che le navi più grandi creano problemi più grandi, in caso di incidenti, danni ambientali e impatti più ampi sulla catena di approvvigionamento”, afferma la Ceclat. L’associazione spiega che i benefici delle economie di scala spettano solo ai vettori marittimi, mentre gli altri operatori ne sostengono i costi. “In varie dichiarazioni sono state sollevate preoccupazioni circa la proliferazione delle Ulcv che mettono sotto pressione i collegamenti con l'entroterra creando picchi di capacità ai terminali e restrizioni al trasporto interno”.
Gli spedizionieri contestano la scarsa qualità del servizio: “L'affidabilità globale degli orari è scesa sotto il 35% nel gennaio 2021. Con solo tre alleanze, in cui i vettori condividono le loro mega-navi, e praticamente nessuna concorrenza da parte di operatori indipendenti, rimane la domanda se ci sia spazio per un miglioramento in futuro”.
Le compagnie scaricano le responsibilità di questa situazione all’emergenza Covid-19, ma Ceclat afferma che “una delle ragioni dell'attuale congestione dei terminali portuali e della mancanza di capacità dei container è che i vettori negli ultimi mesi sono stati estremamente selettivi nella scelta della capacità, trasportando i container verso l'Asia vuoti per ottenere migliori tariffe per i carichi d'importazione, il che ha portato a disfunzioni e ha impedito agli esportatori europei di rifornire i traffici. Come risultato, ci sono irregolarità nell'arrivo delle navi, che sta creando problemi operativi e ritardi nella connettività dell'entroterra e costi aggiuntivi”.
Proprio le grandi portacontainer sono la causa principale della scarsa affidabilità sugli orari, aggiungono gli spedizionieri, a causa del loro impatto sulle infrastrutture a terra: “È chiaro che qualsiasi miglioramento di questa infrastruttura deve essere pagato con denaro pubblico. Da alcuni anni abbiamo visto l'effetto domino delle navi più piccole a cascata su altri traffici e gli Ulcv che creano picchi più alti sui traffici est-ovest e la congestione dentro e attorno ai terminal causata dalle finestre strette per la consegna con infrastrutture sovraccariche”. Quindi, la pandemia è stata solo il fattore scatenante.
Ceclat è consapevole che le grandi portacontainer già operative non si possono ritirare, ma chiede ai politici, ai vettori e agli operatori interessati di considerare gli attuali problemi negli ordini per la prossima generazione di navi. “Il blocco del canale di Suez potrebbe segnare un punto di svolta e far riflettere i responsabili politici in Europa sui rischi delle mega-navi gestite da vettori integrati”, conclude l’associazione.