I noli del trasporto marittimo dei container continuano a crescere, ma questo fenomeno beneficia solamente le compagnie marittime, mentre penalizza il resto della filiera, ossia spedizionieri e trasportatori. Non solo gli armatori stanno macinando profitti record, ma beneficiano di provvedimenti come l'esenzione dalla normativa comunitaria antitrust e, più recentemente, dalla Global Minimum Tax, ossia l’imposta minima del 15% che sarà imposta globalmente alle multinazionali. Un’esenzione, quest’ultima, che sta facendo insorgere gli spedizionieri, che invece ne saranno soggetti. La presidente di Fedespedi, Silvia Moretto, ha quindi chiesto che anche le compagnie marittime siano sottoposte a questa imposizione, o almeno che l’esenzione valga solo per la tratta marittima, escludendo le attività terrestri degli armatori.
“In questi giorni è stato raggiunto un primo accordo a livello Ocse sulla Global Minimum Tax, che dovrebbe regolamentare il mondo delle grandi multinazionali” afferma Moretto. “Ebbene, l’unico settore che sembra essere esentato dalla nuova tassazione al 15% è quello armatoriale. L’Itf ha calcolato che attualmente la tassazione media per gli armatori sia al 7%: auspichiamo si possa porre rimedio a questa situazione di chiara distorsione del mercato quantomeno limitando il vantaggio alle sole attività svolte a mare, escludendo quelle a terra, gestite anche dagli attori della supply chain che non godono di alcuna esenzione. In autunno, inoltre, è prevista una ulteriore consultazione promossa dalla Commissione Europea su una revisione del Cber. Speriamo che questa volta la voce di tutti gli attori della supply chain marittima venga ascoltata”.
La presidente di Fedespedi torna anche sulla Consortia Block Exemption Regulation, parlando dell’aumento dei noli container: “Il Covid-19 ci ha lasciato una lezione da imparare: quando il mercato è controllato da pochi operatori vi sono grandi rischi. I carrier marittimi concentrati in tre grandi alleanze hanno saputo controllare intelligentemente la capacità di stiva disponibile per contenere i costi. Lo hanno potuto fare perché esiste il Consortia Block Exemption Regulation UE che consente alle shipping line di scambiarsi dati commercialmente sensibili al fine di condividere la capacità di carico sulle navi e coordinare la programmazione delle rotte. Si tratta di una deroga alle normative antitrust europee cui sono soggette, invece, tutte le imprese operanti lungo la supply chain marittima. Questa condizione ha portato oggi a noli quintuplicati rispetto al periodo pre Covid sulle principali rotte commerciali (Europa-Far East e Transpacifica), a congestione dei porti, penuria di container, affidabilità che è arrivata a toccare il picco negativo del 35%, il tutto con inevitabili ricadute sui prezzi al consumo”.
Per quanto riguarda l'Italia, Silvia Moretto tocca la questione dell’Ex Works, ossia l’acquisto dei beni presso i siti del produttore, che nel nostro Paese è attuato nel 73% dei casi di vendita: “In questo momento si parla molto di nearshoring e accorciamento delle filiere per ridurre i rischi di rotture di stock e difficoltà di approvvigionamento. Strategie di questo tipo funzionano quando le aziende decidono di presidiare la loro logistica, piuttosto che delegarla a soggetti terzi. In Germania solo il 30% delle imprese vende in Ex Works: per questo da anni il Paese è primo nel ranking Lpi della Banca Mondiale, per questo la logistica tedesca si è organizzata e sviluppata in maniera efficiente e risponde efficacemente ai bisogni delle imprese”. Moretto conclude affermando che “occorre anche ragionare su come incentivare le imprese italiane ad abbandonare il franco fabbrica e riprendere il controllo della loro supply chain. Sarà un percorso importante e obbligato, dati i nuovi trend: l’e-commerce, che cresce ormai costantemente a tassi double digit ed è letteralmente esploso con la pandemia, è incompatibile con l’approccio Ex Works”.