La circonvallazione ferroviaria merci di Trento si trova di fronte a un bivio: partire con i cantieri su un progetto presentato come l’unico fattibile, ma non da tutti condiviso, oppure tornare alla casella di partenza. E tutto questo di fronte a una scadenza che appare quasi una sfida impossibile, quella di concludere l’opera entro il 2026 in modo da rispettare i tempi del Pnrr che garantirebbe i finanziamenti necessari (900 milioni di euro).
A leggere le carte sembrerebbe una partita persa. Nel protocollo d’intesa sottoscritto nel 2018 tra Rfi, la Provincia autonoma di Trento e il Comune capoluogo sull’iter per la progettazione di quest’opera, il cronoprogramma prevede dodici anni di lavori. Ora, come se fosse un gioco di prestigio, dovrebbero ridursi a cinque: un’ipotesi lunare come viene definita dalle voci critiche emerse in occasione del dibattito in corso tra Comune, circoscrizioni locali e rappresentanze di cittadini direttamente coinvolti dal progetto.
Sotto accusa è il metodo di procedere visto quasi come se fosse una trattativa riservata tra la Provincia e Rfi, con l’amministrazione comunale spiazzata nonostante le ricadute dei cantieri siano tutte in ambito cittadino. E si torna a mettere in discussione se l’attuale progetto sia il migliore possibile oppure abbia senso riprendere le ipotesi alternative scartate in passato. Il progetto originale del 2003 prevedeva la realizzazione di un bypass totalmente in galleria passando a ovest della città di Trento, con sbocchi attraverso la campagna e quindi senza ricadute negative per i quartieri urbani. Ma questa ipotesi è stata accantonata anche dopo l’opposizione degli agricoltori, critici sul consumo eccessivo di suolo occupato da vigneti pregiati.
Si era quindi ipotizzato di spostare il tracciato a est, con due gallerie parallele di 12,5 km alle spalle di Trento ma con gli imbocchi in aree urbanizzate. E ciò, secondo le voci critiche, comporterebbe una serie di ricadute negative sia durante i lavori sia nel successivo esercizio ferroviario. Dieci anni di lavori significano anche convivere con cantieri rumorosi, vibrazioni, possibili effetti dovuti al passaggio delle frese meccaniche con uno scavo a pochissimi metri sotto molte case, oltre a intaccare un delicato equilibrio idrogeologico come alcune sorgenti locali. Al termine dei lavori si avrebbe una linea ferroviaria che nelle tratte terminali presenta quattro binari con un inteso traffico ferroviario a ridosso del nucleo urbano.
L’ipotesi di estendere la lunghezza delle gallerie in modo da ridurre l’impatto sul territorio viene esclusa per l’esigenza di contenere le rampe entro valori accettabili per i treni merci e per non perdere la connessione con lo scalo merci di Roncafort e quindi con l’interporto di Trento. Ma ora i tempi stringono anche perché le procedure accelerate previste dal Pnrr non consentono deroghe sulla tempistica. Il futuro della circonvallazione ferroviaria di Trento, variante giudicata prioritaria nella tratta di accesso sud al tunnel di base del Brennero è in mano a un Comitato scientifico del quale fanno parte la Provincia, il Comune in una difficile posizione e il commissario straordinario che coordina quest’opera per conto di Rfi. Ma il 2026 è dietro l’angolo e il rischio di non rientrare nel Piano appare un’ipotesi tutt’altro che remota. Comunque, il Bbt non sarà operativo prima del 2032, e quindi in questo caso forzare i tempi non darebbe un valore aggiunto.
Piermario Curti Sacchi