All’inizio era un progetto da sette miliardi di euro e sulla carta disegnava una nuova linea ad Alta velocità da Venezia fino a Trieste come prosecuzione di quanto già previsto tra Torino e Milano e dal capoluogo lombardo a Venezia. Ma fin da subito questa ipotesi era sembrata sovradimensionata rispetto alle esigenze effettive, a tal punto che nel 2017 si arrivò a una ridefinizione del progetto (chiamata project review), con i costi scesi a 1,8 miliardi di euro, ma anche con molte meno ambizioni.
Invece di una linea completamente nuova si è fatta strada l’ipotesi di intervenire su quella esistente con una serie di varianti solo nei punti critici. Ora questo progetto, ulteriormente rivisto e ridotto con lo stralcio di alcune opere e dimezzato come valore, a fine dicembre 2021 ha visto l’avvio della procedura di valutazione d’impatto ambientale in corso fino a marzo 2022.
Oltre al potenziamento tecnologico di tutta la linea insieme all’adozione dello standard Etcs, saranno soppressi tutti i 26 passaggi a livello che ancora costellano questa tratta, quasi fosse una ferrovia secondaria. Sarà quindi possibile elevare la velocità massima che ora non supera mai i 150 km/h. Rispetto al progetto già in versione rivista sono rimasti quattro interventi puntuali, due per velocizzare i tracciati esistenti e due per favorire il trasporto merci, e questa, a dire il vero è una priorità tutt’altro che scontata. Ma uno degli interventi più significativi, quello di Latisana, è rimasto escluso.
Le varianti di tracciato sono previste a Portogruaro e sul fiume Isonzo. Nel primo caso attualmente la velocità del tracciato si riduce a 135 km/h e non è possibile porre rimedio se non realizzando una variante. Lo stesso accade sul fiume Isonzo, un punto che può essere percorso a 110 km/h. A dire il vero non è che oggi questi limiti influiscano più di tanto se si pensa che da Monfalcone a Trieste la velocità massima prevista è in media di 100 km/h. Come si diceva, resterà sulla carta, almeno per ora, la variante di Latisana, per le difficoltà a raggiungere un accordo con gli enti locali e questo nonostante l’infelice tracciato a curva faccia scendere la velocità massima a 90 km/h.
Nel progetto in fase autorizzativa si salvano invece due opere che hanno una forte valenza per il trasporto merci. A San Donà di Piave e a Fossalta di Portogruaro verranno realizzati due posti di movimento per consentire l’incrocio dei treni merci: entrambi presenteranno due binari di precedenza lunghi 820 metri in modo da garantire il rispetto del modulo di 750 metri, secondo lo standard europeo.
Solo una parte di tutti questi interventi sarà conclusa entro il 2026, il resto a fine decennio. Nulla da fare invece per le altre opere già previste, ma rinviate con la data in bianco: oltre a Latisana, ci sono la variante di tracciato Ronchi-Aurisina e la revisione della cintura di Mestre. Dalle grandi ambizioni si passa al piccolo cabotaggio, è proprio il caso di dire.
E sì che questa linea è nata con una visione imperiale. Nel 1893 due ingegneri friulani, Giacomo Antonelli e Giulio Dreossi costituirono a Vienna la Società ferroviaria friulana (nome così modificato dall’originale in tedesco) mettendosi in testa di collegare il fiorente porto di Trieste con Venezia. Nello stesso anno, miracolo della burocrazia di allora, il governo asburgico accordò la concessione novantennale di costruzione della tratta da Monfalcone a Cervignano, allora confine tra i due Stati. E da lì in soli due anni, la corrispondente Società veneta portò la ferrovia fino a San Giorgio di Nogaro.
Piermario Curti Sacchi