Potrà mai la ferrovia fare concorrenza diretta all’autotrasporto impegnandosi in un servizio quasi porta a porta e oltretutto a guida completamente autonoma? A questa idea visionaria sta lavorando una startup americana, Parallel Systems, fondata da tre ex ingegneri di SpaceX, l’azienda statunitense costituita da Elon Musk con l’obiettivo di ridurre i costi di accesso allo spazio. Il treno di Parallel Systems, ammesso che si possa ancora definire tale, è costituito da un locomotore alimentato a batteria. Inoltre, ciascun carro che lo compone è a sua volta dotato di un motore elettrico e grazie alla trazione autonoma può muoversi in modo indipendente, per la consegna a destinazione anche di un singolo container.
Le operazioni di carico avverrebbero in questo modo: due carrelli elettrici si posizionano ai lati del container che per mezzo di una gru viene alzato e collocato al centro. Il sistema di guida autonoma poi fa sì che questo convoglio, singolo o raggruppato per carri, percorra la normale rete ferroviaria fino a destinazione. Il primo prototipo è stato sperimentato su un tratto ferroviario di prova nel sud della California. Gli ingegneri di Parallel Systems sono convinti di essere quasi pronti per la produzione in serie.
Ma nel contesto di un sistema ferroviario come lo conosciamo noi, ci sarà spazio per una soluzione così rivoluzionaria anche se indubbiamente affascinante? Per struttura dei costi, diretti e indiretti, la ferrovia non è competitiva per piccole quantità di merce, tratte brevi e capillarità geografica di distribuzione. La soluzione proposta da Parallel Systems ha l’ambizione di andare quindi nettamente controcorrente. Prima di tutto appare decisamente improponibile la realizzazione di tutti i binari di raccordo necessari a servire capillarmente le singole utenze, compresi i sistemi locali di carico e scarico. E tutto questo quando le attuali economie di scala prevedono treni lunghi e pesanti (modulo 750 metri e 2mila tonnellate), non singoli carri, anche se autonomi.
Si presume anche una forte negatività sull’impegno di capacità dell’infrastruttura ferroviaria: una linea, o più precisamente una sezione di blocco, resterebbe comunque impegnata per il transito di un singolo carro come fosse un treno completo. La produttività dell’infrastruttura, calcolata in tonnellate per metro al giorno, crollerebbe drasticamente e l’incidenza del costo delle tracce per tonnellata salirebbe di conseguenza. Questo perché gestire il movimento di un carro o di un treno richiede la stessa infrastruttura, così come l’organizzazione e il sistema di controllo da parte del gestore della rete e dell’impresa ferroviaria.
Escludendo l’ipotesi che tutta la rete esistente cambi i sistemi di circolazione dei treni o che si immagini di sovrapporre un secondo sistema semplificato a quello attuale, l’equipaggiamento di ogni singolo carro con le tecnologie di cui oggi soltanto ogni locomotiva dispone, sarebbe un costo proibitivo da aggiungere ai mezzi ipotizzati da Parallel Systems. Bisognerebbe anche conoscere il costo di questi nuovi carri per integrarli in una valutazione economica complessiva che tenga conto di tutti i costi del sistema. Probabilmente il progetto americano potrebbe esprimere le sue potenzialità in un modello di mobilità creato ex novo, ma difficile da ipotizzare. Mentre un’intermodalità ferro/gomma intelligente, accompagnata da un adeguato sviluppo delle infrastrutture necessarie, sembra avere ancora molto potenziale davanti.
Piermario Curti Sacchi