Mai come in queste ultime settimane, le ferrovie continuano a dare i numeri: investimenti, appalti, cantieri aperti. L’ultima occasione è stata quella a febbraio 2022 con l’incontro all’Ance in occasione della presentazione dell’Osservatorio congiunturale sull’industria delle costruzioni. L’amministratrice delegata di Rfi Vera Fiorani ha avuto buon gioco a mettere in fila numeri da record. Nel 2021 il gestore della rete ha pagato acconti in base allo stato di avanzamento lavori per 5,7 miliardi di euro con un aumento del 30% rispetto all’anno precedente, un livello di produzione che non si vedeva da almeno dieci anni. A questi fondi, secondo le informazioni fornite da Vera Fiorani, si sono aggiunte anticipazioni contrattuali per altri 2,6 miliardi, portando gli investimenti complessivi a oltre 8 miliardi. Anche il 2022 si preannuncia un anno ricco di opere per Rfi, con una produzione stimata in 6,6 miliardi di euro. Ma soprattutto, secondo la società del gruppo Fs, si assisterà anche a un aumento delle gare con nuovi appalti messi in gara per 24,7 miliardi di euro, concentrati soprattutto nel secondo semestre dell’anno.
A farla da protagonisti saranno i lavori legati al Pnrr. Ma proprio su quest’ultimo capitolo di spesa, i brillanti colori della fotografia presentati da Rfi appaiono un po’ più sbiaditi se si va più a fondo nell’analizzare le varie voci degli investimenti. Senza nulla togliere all’impegno del gruppo Fs e ai numeri che sono reali e non frutto di artifici contabili, c’è da dire che nella spesa riferita al Pnrr vi sono oltre due miliardi di opere ferroviarie già in corso di realizzazione nel 2020 e nel 2021 e inserite ugualmente tra le tabelle di spesa del Piano nazionale di ripresa presentato alla Commissione europea che con il suo consenso l’ha quindi formalmente avallato.
Anche altre opere erano già programmate a partire dagli allegati infrastrutture al Def del 2016 e quindi ben prima del Pnrr. Non a caso l’avanzamento più robusto nella spesa illustrato da Rfi è legato a cantieri già avviati, alcuni ormai da anni, come la direttrice AV/AC Brescia-Verona-Padova, la nuova linea Napoli-Bari e il Terzo valico dei Giovi. In particolare, quest’ultima opera, la cui conclusione slitta al 2025 ma già in calendario come fine lavori nel 2023, in teoria non andrebbe neppure inserita nel Pnrr.
Se si escludono queste opere che pesano per miliardi di euro, i nuovi progetti da mettere a terra, come si dice nel gergo delle costruzioni, hanno contribuito solo in minima parte alla rendicontazione attuale delle spese riferite al Pnrr. Probabilmente solo dopo che saranno completati tutti i progetti di fattibilità tecnico-economica, avviati i confronti con gli enti locali, ottenuta la compatibilità ambientale, presentati gli elaborati all’apposito Comitato speciale previsto espressamente all’interno del Consiglio dei lavori pubblici, si potrà verificare quanto effettivamente dei lavori previsti dal Pnrr si tradurrà in cantieri.
Piermario Curti Sacchi