Prima il fermo di tutti i traghetti, avvenuto il 17 marzo 2022, poi il licenziamento online, tramite Zoom, di ottocento marittimi e infine il ripristino il 19 marzo della sola rotta tra Liverpool e Dublino. Questa è stata la sequenza degli eventi attuata dalla compagnia marittima P&O Ferries, controllata dal terminalista DP World di Dubai, che ha messo in crisi il trasporto attraverso la Manica e ha fatto insorgere i sindacati non solo per il numero di licenziamenti, ma anche per la loro modalità.
La compagnia ha prima sgomberato con agenti privati le navi dai lavoratori licenziati che le avevano occupate, poi ha cercato di sostituirli con interinali nel porto di Hull, ma questi ultimi si sono rifiutati di salire a bordo. Contro P&O Ferries è insorto il sindacato Nautilus International, che ha chiesto al Governo britannico di revocare alla compagnia l’autorizzazione a navigare in acque britanniche e ha organizzato proteste per il 21 marzo a Londra, dopo quelle già avvenute nella capitale e a Dover, Liverpool, Hull e Larne.
Pare che il piano della compagnia sia interrompere i servizi per una decina di giorni durante i quali licenziare una parte consistente del personale e sostituirlo con interinali o assunti a condizioni contrattuali peggiori. Il sindacato Rmt afferma che i marittimi che lavorano sulle navi tra Liverpool e Dublino avrebbero una paga inferiore ai minimi di Legge, operando dodici ore al giorno per sei giorni la settimana e per sei mesi consecutivi. Sarebbero soprattutto indiani filippini e ucraini.
P&O Ferries sarebbe entrata in crisi finanziaria con la drastica riduzione dei viaggi durante l’emergenza della pandemia di Covid-19, aggravata dall’attuale aumento dei costi del carburante, che avrebbero causato una perdita di 100 milioni di sterline. Il sito web della compagnia conferma che i servizi attraverso la Manica restano sospesi a tempo indeterminato.