Dopo un 2021 con un forte aumento delle immatricolazioni italiane di rimorchi e con un’impresa italiana (il Gruppo Menci) al vertice delle vendite, la situazione è rapidamente cambiata quest’anno, con un rallentamento della produzione tricolore, che potrebbe arrivare al blocco. Lo ha denunciato la Sezione Rimorchi dell’Anfia durante una conferenza stampa organizzata al Transpotec 2022 di Milano proprio per illustrare la coincidenza di elementi negativi che stanno portando a questa situazione: la difficoltà di approvvigionamento e forte aumento dei costi di componenti e materie prime (come ghisa, alluminio, cromo, nichel e argilla), la crisi energetica, la guerra in Ucraina e la flessione della domanda.
Non soffrono solamente i costruttori dei veicoli completi, ma l’intera filiera di fornitura, che per l’ottanta percento è formata da piccole e medie imprese. “La situazione è fuori controllo”, ha spiegato Andrea Zambon Bertoja, presidente della Sezione Rimorchi di Anfia. “I continui aumenti dei prezzi, dell’ordine del 15-20%, e le difficoltà di reperimento delle materie prime, che si sommano all’impatto della crisi energetica sui costi delle bollette degli stabilimenti produttivi, aumentati di oltre sette volte, obbligano i produttori di rimorchi e semirimorchi a produrre in perdita, senza poter riversare i maggiori costi di produzione sui clienti, imprese di autotrasporto a loro volta alle prese con prezzi dei carburanti e del metano saliti alle stelle”.
Fino a metà marzo, questi aspetti negativi erano compensati da una domanda interna piuttosto stabile, ora si sta riducendo anche il portafoglio degli ordini: “È forte e tangibile il rischio di una perdita di competitività rispetto ai produttori esteri, per i quali l’impatto della crisi energetica sulle bollette è molto inferiore rispetto a quello delle imprese italiane - circa la metà in Francia e tra il 15 e il 20% in meno in Germania – e le misure messe in campo nei rispettivi Paesi per sostenere imprenditori e imprese in questa crisi globale, sono più consistenti e incisive - circa 100 miliardi di euro di aiuti stanziati in Francia e in Germania - di quelle del nostro Governo, assolutamente insufficienti”, ha aggiunto Bertoja.
Al forte calo degli ordini nel primo quadrimestre del 2022 si somma l’annullamento di quelli già firmati perché i committenti non accettano gli aumenti dei prezzi o non riescono più ad affrontare la spesa: “In queste condizioni, le nostre aziende andranno in cassa integrazione subito dopo la pausa estiva”, ha dichiarato Massimo Menci, direttore generale dell’omonima impresa. “Ci chiediamo anche se, nel 2023, stante l'attuale situazione, i clienti avranno la capacità di far fronte alla consegna dei prodotti ordinati”.
La situazione sta diventando critica anche sul fronte del lavoro, dove la richiesta di aumenti delle retribuzioni, spinta dall’inflazione, si unisce alla difficoltà di trovare giovani lavoratori. Matteo Pezzaioli, amministratore dell’omonima società, ha segnalato anche che stanno aumentando le dimissioni: nel secondo trimestre 2021 sono aumentate del 37% rispetto al trimestre precedente e addirittura dell’85% rispetto allo stesso periodo del 2020. “Questo ha a che fare con un calo della motivazione professionale e con una ricerca, da parte della forza lavoro, di condizioni e prospettive migliori, difficilmente realizzabili in questa fase di forte crisi. Chiediamo al governo d’intervenire in questo senso incentivando iniziative e programmi scuola-lavoro”.
Bertoja ha concluso l’incontro con la stampa con un appello al Governo per un maggiore impegno su diversi fronti: far cessare il conflitto in Ucraina e le speculazioni finanziarie sui mercati, introdurre rapidamente misure di sostegno, come la riduzione del cuneo fiscale. “Ci rivolgiamo anche alla catena di fornitura per invitarne tutti gli attori ad evitare le
speculazioni, e ai nostri clienti, per invocarne la comprensione di fronte a possibili aumenti del prezzo finale dei prodotti anche per le commesse in corso”.