L’ipotesi di realizzare un retroporto genovese riqualificando e adeguando lo scalo ferroviario merci di Alessandria non convince del tutto gli operatori potenzialmente interessati. Le loro valutazioni sono emerse nel corso di un incontro a fine maggio 2022 tra le imprese genovesi e i terminalisti iscritti a Confindustria Genova. Molte le perplessità legate all’ubicazione del retroporto, il cui progetto per ora è tutto sulla carta. Solo il gruppo Msc, a quanto si apprende, avrebbe manifestato un certo interesse. L’ipotesi di realizzare il “porto secco” o un terminal ad Alessandria torna ciclicamente alla ribalta.
L’ultima volta è stata in occasione degli Stati generali della logistica del Nord Ovest che si sono tenuti ad Alessandria il 21 aprile 2022. Mai prima d’ora si era arrivati così vicino alla definizione del futuro dello scalo alessandrino, nel momento in cui Christian Colaneri della direzione commerciale di Rfi aveva promesso che entro giugno 2022 le Ferrovie si sarebbero impegnate a definire le specifiche funzionali di dettaglio del progetto insieme alla redazione del documento di valutazione con le alternative per l’area logistica di Alessandria.
Sono due le possibili funzioni per lo scalo di Alessandria smistamento al vaglio di Rfi. La prima prevede il ruolo di gateway o hub. In questo caso si offre la possibilità di scambio intermodale gomma-ferro con la rottura di carico dei trasporti da e per il terminal di Alessandria sia in ambito nazionale sia internazionale. In pratica si parla di terminal intermodale. La seconda funzione è quella del retroporto con la possibilità di scambio intermodale gomma-ferro per le merci originate o dirette verso i porti di Genova e Savona e l’ipotesi di rottura di carico con rilancio su ferro verso l’estero per i soli servizi generati dai due porti liguri.
Ma sulle ipotesi di sviluppo dello scalo di Alessandria si riscontra un consenso soprattutto da parte degli amministratori locali e delle istituzioni del territorio, mentre gli operatori, che in ultima istanza dovrebbero essere i veri protagonisti, restano molto prudenti. Già all’indomani degli Stati generali, Luigi Merlo, presidente di Federlogistica (e in passato alla guida dell’Autorità portuale di Genova e di Slala, proponente del retroporto) aveva manifestato tutte le sue perplessità: “Per Alessandria non è mai stato definito un modello”, furono le osservazioni di Merlo. “Era difficile, perché lo scalo ferroviario è troppo lontano da Genova perché funzioni esclusivamente da polmone per le banchine, come Santo Stefano di Magra con La Spezia, e troppo vicino al porto perché funzioni come base di rilancio per le destinazioni finali, e non può neppure essere una replica di Piacenza”.
La scommessa si gioca soprattutto sulla formula della gestione: se deve essere una struttura pubblica (con il rischio di farne solo un “carrozzone”) o al contrario una piattaforma dinamica e funzionale e in questo caso con i privati come principali protagonisti. Se l’infrastruttura dovrà diventare una semplice stazione merci, aveva osservato Luigi Merlo, questo è un lavoro che le Ferrovie potranno fare in autonomia, se invece l’idea è valorizzare l’area, capire se potrà essere o un retroporto, o un luogo di lavorazione intermedia della merce, o un centro di interscambio logistico, la collaborazione mista tra pubblico e privato appare fondamentale. Ma gli operatori privati ora sembrano avere più dubbi che certezze, in attesa che Rfi sveli le sue carte.
Piermario Curti Sacchi