Non si placa la protesta dei vettori polacchi, che chiedono parità di trattamento con i trasportatori ucraini e che nelle scorse settimane hanno bloccato diversi valichi di frontiera. Alle proteste si sono unite anche diverse aziende provenienti da Slovacchia, Ungheria e Romania, pronte a loro volta a bloccare il traffico al confine con l’Ucraina.
La protesta è iniziata il 6 novembre 2023, quando un gruppo di trasportatori polacchi, coordinati dall’associazione Strajk Polskich Przewoznikòw e supportati dal partito politico Konfederacja, ha bloccato bloccano l'accesso ai valichi di Korczowa, Dorohusk e Hrebenne.
Dopo una settimana di manifestazioni è stata indetta una giornata di colloqui polacco-ucraina, che si è tenuta il 13 novembre ma che non ha risolto la controversia. La delegazione ucraina, composta da circa venti persone e guidata dal viceministro per lo sviluppo delle comunità, dei territori e delle infrastrutture dell'Ucraina, Serhiy Derkach, ha respinto le richieste di ripristinare i permessi per il trasporto commerciale ed ha incolpato i polacchi per l'intera situazione, rei di aver messo in atto blocchi non autorizzati.
Per alleggerire le code in frontiera, i polacchi hanno proposto di instaurare corsie preferenziali per i mezzi a rientro in Polonia senza carico, ipotesi rifiutata dalla delegazione ucraina. L’obiettivo era quello di facilitare quantomeno i rientri alla base dato che, come riportato dagli organizzatori della protesta, alcuni mezzi hanno impiegato fino a venti giorni per lasciare l’Ucraina. Una permanenza così lunga, oltre a causare danni operativi e costi elevati, è punibile con un’ammenda fino a 5.000 pln (circa 1.100 euro al cambio attuale).
Nessun membro del governo polacco è stato presente ai colloqui, giustificando l’assenza con il contestuale giuramento per la composizione del nuovo Senato, in programma negli stessi giorni, e confermando di fatto la scelta di non intromettersi nella questione. Nei giorni precedenti, il governo aveva infatti chiarito che la questione dipende esclusivamente dall’Unione Europea e che non era possibile nessun intervento delle istituzioni di Varsavia.
In segno di solidarietà con le aziende polacche, giovedì 16 novembre i vettori slovacchi hanno bloccato per un’ora il valico di Uzhhorod mentre il giorno successivo una delegazione dell'associazione slovacca dei trasportatori Unia Autodoprawcow Slowenska, ha presentato alla Commissione Europea una richiesta ufficiale di ripristino dei permessi di trasporto commerciale per i vettori ucraini.
Gli slovacchi, stando a quanto dichiarato, sarebbero pronti a istituire un blocco simile a quello in atto in Polonia e lo stesso potrebbero fare le associazioni di aziende di trasporto rumene e ungheresi, causando un blocco pressoché totale dei confini ucraini, da un lato vessati dalla guerra e dall’altro chiusi dagli scioperi.
Si attendono dunque ulteriori sviluppi nelle prossime ore, in un contesto che sta diventando sempre più incandescente ora dopo ora. Oltre alla battaglia politica, in alcuni valichi sono stati documentati alcuni episodi di violenza e lancio di pietre. A farne le spese sono stati diversi camion polacchi, con parabrezza e fari danneggiati. Sono state trovate anche lettere minatorie, da molti attribuite agli ucraini ma di cui è comunque difficile confermare la provenienza.
Quello che è certo, come confermato dal Kas Krajowa Administracja Skarbova, ovvero l’amministrazione fiscale polacca, è che i vettori europei non riescono più a contrastare la concorrenza delle imprese ucraine nei trasporti verso il territorio di Kiev. Nei primi dieci mesi dell'anno su oltre 888mila sui viaggi effettuati attraverso il confine polacco-ucraino, la quota dei vettori polacchi è scesa sotto il 10% mentre prima della guerra era quattro volte superiore.
Marco Martinelli