Il 6 dicembre 2023 la ferrovia Torino-Genova che comprende il tunnel storico dei Giovi compirà 170 anni. Nello stesso giorno del 1853 il primo convoglio partito da Torino e diretto a Genova aveva a bordo il Conte di Cavour, che fin da subito e con lungimiranza aveva intuito il ruolo che poteva avere la ferrovia nello sviluppo economico del Piemonte. La Torino-Genova è stata la prima vera ferrovia italiana in quanto la Napoli-Portici del 1839 era praticamente solo un giocattolo del re Borbone Ferdinando II e la Milano-Monza del 1840 aveva lunghezza molto limitata.
Oggi siamo portati a considerare come direttrice principale la Milano-Genova, ma nell’Ottocento il privilegio andava al collegamento con Torino. Era una ferrovia straordinariamente moderna, in quanto già prevista fin da subito a doppio binario e senza attraversamenti a raso con la viabilità, quindi senza passaggi a livello. L’impresa apparve al limite dell’incoscienza in quanto all’avvio dei lavori non esistevano neppure locomotive in grado di superare le pendenze dei Giovi. Nonostante questo, i lavori di costruzione ebbero una durata di soli otto anni, decisamente pochi con i mezzi che la tecnica dell’epoca aveva a disposizione (non esistevano, tanto per fare un esempio, le perforatrici pneumatiche).
Passando dal 1853 al 2023 e facendo un confronto con il Terzo Valico in costruzione, sembra che la storia sia andata a ritroso. Qui i lavori sono iniziati nell’autunno del 2013 e la linea, nella migliore delle ipotesi, sarà completata e aperta all’esercizio nel 2026, quindi almeno cinque anni di lavori in più rispetto alla ferrovia cavouriana. In compenso il Terzo Valico è destinato a detenere il primato della ferrovia più costosa, in quanto il consuntivo arriverà a sfiorare i 9,5 miliardi di euro.
L’ultimo aggiornamento dei costi è arrivato nel novembre 2023 con la firma di un accordo, tecnicamente definito atto modificativo del contratto di progetto, del valore di 700 milioni di euro. Questo ulteriore stanziamento andrà a favore del gruppo Webuild, capofila del contraente generale che realizza l’opera. Dopo l’annuncio della firma del contratto è stata diffusa una nota che esalta l’impresa in avanzata fase di costruzione, ma non giustifica analiticamente il motivo che ha portato a questa ulteriore assegnazione di denaro.
Non ci vuole però molta fantasia a comprendere la portata dell’intesa: vengono aggiornate le tempistiche dei lavori mantenendo però fermo l’obiettivo di arrivare al collaudo dell’opera a giugno 2026 secondo le scadenze previste dal Pnrr, quindi nei maggiori costi riconosciuti si può intravvedere una sorta di incentivo alle imprese per non perdere tempo ulteriore, inoltre con l’intesa vengono saldati i contenziosi con le società in appalto, un altro aspetto che ha rallentato nel tempo i lavori.
Con queste ulteriori risorse, il gruppo Webuild potrà far ripartire i lavori e recuperare mesi preziosi nel cantiere di Radimero, dove le due frese meccaniche all’opera sono state bloccate a causa di difficoltà geologiche. Al loro posto si scaverà con il metodo tradizionale che consente di adattarsi meglio alla natura dei terreni, ma ha una produttività fino a un decimo rispetto a quella meccanizzata.
I 700 milioni di euro dell’accordo integrativo non rappresentano un ulteriore esborso straordinario per Rfi in quanto rientrano nel ricco portafoglio del Pnrr e sono legati alla redistribuzione dei fondi tra diversi progetti. Del resto, le opere che saranno sfilate dall’elenco del Pnrr non sono poche: dalla prima tratta della Salerno-Reggio Calabria, a diversi lotti in Sicilia, alla circonvallazione merci di Trento dove è praticamente impossibile in soli due anni scavare dodici chilometri di un doppio tunnel ferroviario.
Piermario Curti Sacchi