I numeri sono stati rivelati non da una forza politica di opposizione, ma da un’organizzazione che seppure direttamente interessata per il suo ruolo di sindacato imprenditoriale, possiamo definire super partes rispetto al dibattito politico. Stiamo parlando dell’Ance, l’Associazione nazionale dei costruttori edili, e i numeri passati sotto la lente di ingrandimento sono quelli della Manovra economica e in particolare i finanziamenti destinati alle infrastrutture. L’analisi è di quelle che lasciano il segno.
In un’audizione parlamentare, l’Ance ha messo in evidenza come i nuovi stanziamenti previsti per i prossimi tre anni – almeno così come sono fissati sulla carta – andranno per oltre tre quarti al ponte sullo Stretto di Messina e che la stessa quota raggiunge l’87% dei fondi se si considera la totalità degli stanziamenti pluriennali previsti fino al 2038. Il rischio, secondo i costruttori, è quello che il ponte, nonostante sia un progetto tutt’altro che definito e cantierabile, abbia una corsia preferenziale rispetto ad altri investimenti certamente non secondari, come quelli per potenziare i valichi ferroviari transfrontalieri e i corridoi di accesso.
Del resto, la Legge di Bilancio parla chiaro nel momento in cui prevede a favore del ponte uno stanziamento di 780 milioni di euro per il 2024 e un’autorizzazione complessiva di spesa spalmata negli anni per 11,63 miliardi. Mai nessun singolo progetto finora aveva calamitato così tante risorse tanto da farlo diventare quasi un manifesto per tutta la legislatura. Oltretutto l’opera viene finanziata per intero ancora prima che il progetto sia approvato e dunque senza tenere in considerazione eventuali margini di incertezza rispetto alla fattibilità tecnica, ai costi e ai tempi di realizzazione.
Inoltre si tratta di fondi interamente pubblici in quanto pare definitivamente tramontata l’ipotesi di coinvolgere nell’impresa investitori privati. Per evitare contenziosi si è scelto di confermare il progetto proposto dal Consorzio Eurolink nel 2011 nonostante l’incremento dei costi potrebbe richiedere una nuova gara secondo le regole europee.
La scelta di puntare risorse così importanti sul ponte ha scatenato il dibattito tra gli operatori economici, e non solo tra le imprese di costruzione, in quanto coinvolte sono tutte le società di trasporto. Il rischio è quello di rinviare, se non sospendere, altri investimenti come quelli attesi al nord dove è diventata calda la questione dei valichi in seguito alla chiusura per lavori del tunnel autostradale del Monte Bianco e al blocco per calamità naturale della ferrovia verso la Francia attraverso il Frejus.
A parte la nuova ferrovia Torino-Lione che, almeno limitatamente alla tratta transfrontaliera, è avviata sul binario della realizzazione, tutto il resto resta sospeso perché rinviato o addirittura cancellato. Come non ricordare l’esigenza di completare con una nuova linea ad alta capacità merci l’imbocco a sud del corridoio svizzero del Gottardo che da Chiasso raggiunge il nodo milanese. Per questa tratta non si prevedono fondi che non siano quelli per la progettazione di massima, rinviando a data da destinarsi ogni ulteriore decisione.
Ma anche sulla direttrice del Brennero non mancano le nubi, perché delle quattro varianti prioritarie previste a servizio del tunnel di base, solo la Fortezza-Ponte Gardena è in cantiere, mentre la circonvallazione merci di Trento, appena decollata si è vista subito sfilare i fondi del Pnrr, con tutte le incognite del caso.
Piermario Curti Sacchi