La Guardia di Finanza di Treviso ha svolto un’indagine sulla somministrazione del lavoro nelle attività di carico e scarico delle merci all’interno del Maap (Mercato AgroAlimentare) di Padova, durante la quale ha scoperto falsi contratti d’appalto per diciotto milioni di euro. Secondo gli inquirenti, nella frode sarebbero coinvolte ventinove imprese, due delle quali attive nella logistica – che impiegano 150 lavoratori e fatturano annualmente sei milioni di euro – e ventisette loro committenti con sedi nelle province di Padova, Rovigo, Treviso e Venezia. Ventitré di queste operano nel Maap padovano.
Le società appaltatrici – che sono legate da un contratto di associazione temporanea d’imprese – fornivano i lavoratori. Una nota della Finanza spiega che “una delle due, in particolare, era stata costituita al solo scopo di assumere, con contratti a tempo determinato, il personale dipendente giunto al limite massimo di rinnovi contrattuali legalmente previsto, aggirando così la normativa a tutela dei lavoratori”.
L’indagine è partita proprio da verifiche fiscali a queste due società. I Finanzieri hanno scoperto che i ricavi conseguiti dalla frode erano ripartiti tramite l’emissione di fatture per operazioni inesistenti tra le due società appaltatrici, per un importo totale di 8,5 milioni di euro. Queste società fornivano personale esterno ai committenti, che potevano disporne a loro piacimento evitando la stipula di un contratto a tempo indeterminato.
I Finanzieri hanno ricostruito la filiera della manodopera – grazie all’analisi della documentazione informatica e da testimonianze di diversi lavoratori – rilevando che “i rapporti di lavoro con i vari committenti fossero privi degli elementi che caratterizzano la liceità dell’appalto, e cioè il rischio d’impresa e l’organizzazione autonoma di mezzi e risorse”.
In particolare, “da una serie di fogli di calcolo e da messaggi di posta elettronica tra la società appaltatrice e le committenti, è emersa l’assenza del rischio, atteso che il corrispettivo dei contratti veniva commisurato esclusivamente al costo orario dei lavoratori forniti dalle imprese trevigiane (con l’aggiunta di un modesto margine di profitto), senza alcun legame a obiettivi di risultato”.
Un altro elemento rilevato dagli inquirenti è “una vera e propria assenza di organizzazione delle risorse in capo alle imprese appaltatrici, sia per quanto attiene i beni strumentali necessari all’esecuzione dei servizi oggetto dei contratti, i cui costi di noleggio e manutenzione venivano riaddebitati puntualmente alle appaltanti, sia con riferimento all’esercizio del potere direttivo sulle maestranze somministrate, di fatto etero-dirette, cioè soggette alla gestione e controllo da parte dei committenti, rimanendo alle società somministratrici solo compiti di natura amministrativa”.
In concreto, “i lavoratori, nel corso delle prestazioni, eseguivano gli ordini impartiti dagli stessi clienti finali delle società sottoposte a verifica, i quali decidevano il numero dei dipendenti quotidianamente necessari, le mansioni da svolgere, gli orari e le modalità esecutive; emblematica la circostanza che, in alcuni casi, i committenti abbiano personalmente proceduto ai colloqui nei confronti degli operai che le imprese appaltatrici dovevano assumere, imponendo loro anche specifiche clausole contrattuali ed erogando premi produzione ad personam”.
Da questi elementi, gli inquirenti hanno stabilito l’inesistenza giuridica delle fatture emesse dalle società trevigiane sia tra loro (per 8,5 milioni di euro) sia nei confronti delle committenti (per 18 milioni di euro), per un totale di 26,5 milioni di euro. Al termine dell’indagine, il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Treviso ha disposto il sequestro preventivo di immobili, disponibilità finanziarie, autovetture e partecipazioni societarie per una somma totale di 1,4 milioni di euro.
Inoltre, la Finanza ha denunciato alla Procura della Repubblica trenta imprenditori per somministrazione fraudolenta di manodopera (due di essi anche per emissione e utilizzo di fatture per operazioni economiche giuridicamente inesistenti), mentre due società sono state segnalate per responsabilità amministrativa dipendente da reato, in quanto le violazioni tributarie sono state commesse nel loro interesse e vantaggio da parte degli amministratori. Infine sono state irrogate sanzioni per 2,5 milioni di euro, per illeciti afferenti alla violazione della normativa in materia di lavoro.