Una coalizione di sindacati dei lavoratori portuali indiani ha annunciato uno sciopero nazionale a tempo indeterminato a partire dal 28 agosto 2024, chiedendo una immediata revisione dei salari e del trattamento pensionistico. La decisione è stata presa dopo lunghe discussioni con il ministero dei Trasporti, che non è riuscito a soddisfare le richieste avanzate negli ultimi anni dai rappresentanti dei lavoratori. Lo sciopero coinvolgerà oltre 20mila lavoratori dei principali porti e potrebbe peggiorare le già congestionate operazioni portuali in Asia e in Europa, causando gravi ritardi nel commercio e negli scambi globali.
Le trattative col Governo sono state intavolate per la prima volta nel 2021 attraverso un comitato per la negoziazione salariale (Bwnc) ma, nonostante sette incontri, le parti non sono riuscite a raggiungere alcun accordo e le trattative si sono interrotte nel dicembre 2021. Ad agosto 2024 i sindacati - primi fra tutti l'All India Port ed il Dock Workers' Federation - si sono riuniti nuovamente Thoothukudi, città sulla punta meridionale dell’India e noto svincolo portuale, chiedendo revisioni della scala salariale, il pagamento degli arretrati e benefici pensionistici retroattivi fino a gennaio 2022.
I rappresentanti dei portuali hanno criticato il ministero per la gestione delle trattative, sostenendo che le nuove linee guida del Governo danneggino gravemente i diritti dei lavoratori e rappresentino un ulteriore passo indietro rispetto alle condizioni contrattuali dei portuali, già ritenute insufficienti. Tra i problemi menzionati, i più gravi sarebbero i ritardi nei pagamenti dei premi legati alla produttività e gli accordi statutari non approvati che incidono sui benefit dei dipendenti.
Il ministero dei Trasporti non ha ancora emesso nessuna nota in risposta alla potenziale minaccia di sciopero ma i principali porti indiani come Chennai, Cochin e Mumbai, che gestiscono una capacità di carico annua complessiva di 1,62 miliardi di tonnellate, rischiano la paralisi totale. Solamente nell’ultimo anno, le esportazioni indiane hanno raggiunto i 437 miliardi di dollari, mentre le importazioni sono state pari a circa 677 miliardi di dollari. Se le proteste dovessero durare più di qualche giorno, l’impatto sui traffici indiani ma anche globali, già duramente colpiti dalla crisi del Mar Rosso, potrebbe essere elevato.
I leader sindacali, che rappresentano i lavoratori di dodici importanti porti, negli ultimi giorni hanno esortato il Governo ad intervenire a stretto giro per ridurre i disagi causati da un eventuale blocco totale a tempo indeterminato. "Abbiamo già emesso avvisi appropriati a varie Autorità portuali e agli enti governativi correlati", ha dichiarato il segretario generale della Water Transport Workers Federation of India. "Abbiamo tentato invano di dare seguito alle nostre richieste, avanzate da tempo, attraverso sette cicli di colloqui con i leader dei porti e i rappresentanti del Governo negli ultimi tre anni. Le autorità sono rimaste indifferenti alle preoccupazioni dei lavoratori in merito agli aumenti salariali, ai premi legati alla produttività e al sistema pensionistico ed ha assunto una posizione altamente provocatoria senza alcuna giustificazione sostanziale, creando uno stallo nelle trattative".
Seppure per i prossimi giorni non siano previsti ulteriori colloqui, i rappresentanti sindacali si aspettano un invito dalle Autorità per cercare di intavolare una pratica conciliativa. "Spingeremo molto per raggiungere i nostri obiettivi, che sono assolutamente legittimi e nell'interesse dei lavoratori", ha affermato una fonte del sindacato. "Faremo leva sui nostri punti di forza”.
Una dichiarazione ufficiale è stata rilasciata anche dall’Associazione dei lavoratori del porto di Cochin, che ha definito il ministero dei Trasporti come letargico e illogico nella sua visione sulle legittime richieste della classe operaia. “Abbiamo provato legalmente e legittimamente a convincere l'Indian Ports Association a un negoziato ma sono riluttanti a concludere un accordo equo e ragionevole. Pertanto le federazioni sindacali non hanno altra scelta se non quella di dichiarare uno sciopero a tempo indeterminato a partire dal 28 agosto in tutti i principali porti”.
Oltre alle richieste legate ai salari, i sindacati sono particolarmente preoccupati per la spinta del governo verso la privatizzazione che, a loro avviso, ha già avuto gravi ripercussioni sulla sicurezza del posto di lavoro. Una legge emanata alla fine del 2022, infatti, ha trasformato i principali trust portuali in entità simili a società private e la riforma ha incontrato la forte resistenza dei lavoratori. Proprio perseguendo una strategia di "monetizzazione delle attività", il porto di Nhava Sheva, che gestisce una parte significativa del commercio in container dell'India, è ora un porto privato a tutti gli effetti, con tutte le strutture del terminal concesse in licenza a operatori privati.
La lotta dei lavoratori nei porti indiani è dunque iniziata ma la battaglia sarà resa anche più difficile dalla forza complessiva dei sindacati, notevolmente erosa nel corso degli anni a causa dell'impatto della cosiddetta "gig economy" del Paese. Il modello economico indiano, infatti, si è velocemente spostato verso contratti a chiamata e verso il lavoro occasionale senza incontrare alcuna opposizione da parte delle sigle sindacali di settore, che hanno perso la fiducia dei lavoratori.
Marco Martinelli