Poco tempo dopo le dimissioni di Zeno D’Agostino da presidente dell’Autorità Portuale del Mare Adriatico Orientale, anche un altro protagonista dello sviluppo dello scalo giuliano, Sergio Bologna, annuncia la partenza. Lo ha fatto con un post su Linkedin intitolato “Guardando indietro mentre saluto Trieste”. Il titolo nasce da una riflessione storica di Bologna sull’evoluzione del porto di Trieste, sviluppata per criticare l’entusiasmo oggi espresso da “certi ambienti triestini” sulla prospettiva di “ottenere l’applicazione integrale della normativa sul Porto Franco”.
In sostanza, Bologna afferma che tale provvedimento non servirà alla crescita del porto giuliano ma, anche se potrà portare vantaggi “nelle operazioni estero su estero della manifattura ma poca roba, visti i riflessi di certi protezionismi e il ruolo di certe potenze economiche sul mercato europeo”. Egli critica anche “la tendenza molto triestina di chiedere trattamenti speciali, condizioni di favore, mi sembra che sia l’altra faccia del famigerato “no se pol”, come se i triestini non ce la facessero a competere ad armi pari”.
Nella sua rievocazione delle principali tappe di sviluppo del porto di Trieste, Bologna ritene che l'importanza attribuita alle esenzioni doganali nella storia del porto di Trieste sia sopravvalutata. Egli sostiene che i veri motori dello sviluppo del porto non siano stati i privilegi doganali, bensì l'imprenditorialità, l'innovazione tecnologica e la capacità di cogliere opportunità di mercato. Cita esempi storici, come l'apertura del porto nel XVIII secolo e la successiva industrializzazione del XIX secolo, per dimostrare come il progresso sia avvenuto grazie all'arrivo di imprenditori, alle innovazioni tecnologiche (ad esempio, l'elica di Ressel) e alla capacità di rispondere alle esigenze dell'industria navale, piuttosto che per le esenzioni del Porto Franco.
Bologna richiama anche la figura di Pasquale Revoltella, che addirittura vide il Porto Franco come un ostacolo allo sviluppo e ne chiese l'abolizione. Anche nel dopoguerra, con la nascita del Territorio Libero di Trieste (Tlt) e l'Allegato VIII, Bologna vede l'influenza di dinamiche politiche legate alla guerra fredda piuttosto che a una reale utilità economica. La sua conclusione è che il Porto Franco non ha mai rappresentato un fattore decisivo per lo sviluppo di Trieste e del suo porto, e che l'idea di rilanciarlo come chiave per una nuova identità internazionale della città è "ridicola".
Guardando al prossimo futuro, vedremo se il nuovo presidente del porto proseguirà sulla rotta tracciata da D’Agostino oppure ne deciderà una nuova. Bologna non sembra ottimista: “Ora l’Italia non ha più grandi uomini, anzi, spesso produce macchiette che decidono dei nostri destini”, egli afferma. E di uomini, se non proprio grandi ma almeno con lo sguardo verso il futuro piuttosto che verso il passato, Trieste ne ha bisogno, in questa fase d’incertezze economiche e geopolitiche.