Secondo alcuni operatori si tratta dell’ennesima puntata di una telenovela che non vede mai la parola fine. Sta di fatto che il Consiglio federale della Svizzera ha deciso di destinare una tantum un ulteriore contributo di poco più di 190 milioni di euro per il progetto di sviluppo dell’accoppiatore automatico digitale, universalmente conosciuto con la sigla di Dac (Digital automatic coupler). Le autorità elvetiche e in prima battuta il Dipartimento dei trasporti sono consapevoli che l’introduzione del Dac è accolta ancora con scetticismo, soprattutto dalle amministrazioni ferroviarie dell’Europa orientale, ma questa soluzione tecnologica viene vista come una delle carte fondamentali per garantire la competitività del servizio merci.
Albert Rösti, ministro e capo del Dipartimento è consapevole delle difficoltà, ma anche della necessità di trovare soluzioni adeguate: “L’industria ferroviaria è tenuta a portare una soluzione tecnica semplice e conveniente per la produzione di serie e l’Unione Europea deve trovare il modo per consentire la migrazione verso il Dac anche nei Paesi con meno risorse. Sono convinto che questo avrà successo e il Dac darà una svolta e cambierà il trasporto merci su rotaia a lungo termine”.
Questo ottimismo può sembrare fuori luogo in quanto finora tra molte speranze ma anche continui ripensamenti si sono susseguiti diversi accordi a livello europeo e sono stati testati diversi prototipi, ma senza arrivare a una soluzione definitiva e accettata a livello continentale. L’ultimo in ordine di tempo è un documento congiunto a tre tra Svizzera, Germania e Austria che ad aprile 2024 hanno invitato l’Unione Europea a cofinanziare l’installazione dell’accoppiatore automatico su 500mila carri merci che circolano in Europa.
Ma questa richiesta può sembrare una fuga in avanti perché una soluzione tecnica accettata da tutti non è stata ancora definita. L’impegno da parte dell’industria comunque non manca. Per esempio all’ultima edizione 2023 dell’Expo Ferroviaria era stato presentato da Ditecfer un modello che si differenzia dai Dac in corso di sviluppo a livello europeo principalmente perché è classificato Type 5, ovvero è totalmente automatico sia in fase di aggancio così come di sgancio tramite controllo elettronico. In più consente di non modificare il parco rotabile attuale, mantenendo il sistema dei carri tradizionali con respingenti e molla di trazione su cui viene solo sostituito il supporto uncinato insieme ad altre modifiche con costi di aggiornamento significativamente ridotti.
Nel frattempo, in questi ultimi anni sono stati effettuati centinaia di test pratici del Dac su diversi tipi di carri sia dal punto di vista meccanico, sia per valutare gli accoppiamenti elettrici e digitali, anche in condizioni climatiche estreme. I risultati sono confortanti dal punto di vista della resistenza meccanica, vale a dire come robustezza e validità degli accoppiamenti.
Resta poi da affrontare la sfida dei costi economici, tuttora da quantificare, e per i quali devono esser messi a punto dei programmi di finanziamento anche in ambito comunitario. Si stima sulla base dei prototipi sperimentati un costo per ogni singolo dispositivo intorno ai 5mila euro che moltiplicato per i carri merci del parco europeo potenzialmente interessati all’aggiornamento porta l’investimento complessivo a superare i 5 miliardi di euro, anche considerando i costi di adattamento e modifica in officina. Ma soprattutto alla base di tutto resta da definire una volta per tutte un’unica soluzione interoperabile da far diventare lo standard europeo.
Piermario Curti Sacchi