Dopo un periodo di calo, il prezzo del gasolio torna a salire per la concomitanza di due cause: l’aumento del costo del petrolio spinto dall’estensione all’Iran della guerra in Medio Oriente e la “rimodulazione” in Italia delle accise sui carburanti, sulla quale però non ci sono ancora chiarimenti da parte del Governo. Il tutto in una fase d’incertezza geopolitica e macroeconomica.
Nel Medio Oriente soffiano sempre più forti i venti di guerra, che sta diventando diretta ed esplicita tra Iran e Israele. Come accade sempre quando sale la tensione in quell’area, il prezzo del petrolio comincia a salire. Il Brent ha superato il 4 ottobre 2024 i 77 dollari al barile, ma la situazione potrebbe peggiorare se la guerra s'intensificasse. È possibile infatti che Israele colpisca le strutture petrolifere iraniane, ma nello stesso tempo l’Iran potrebbe ostacolare il transito delle petroliere nello Stretto di Hormuz, dove passa circa il 21% del petrolio mondiale.
Nonostante le sanzioni, la produzione petrolifera iraniana è in crescita, raggiungendo i 3,4 milioni di barili al giorno, grazie soprattutto alle importazioni cinesi. Questa iniezione di petrolio iraniano serve anche a moderare il prezzo globale. Se Israele colpirà le infrastrutture petrolifere iraniane, i clienti di Teheran (prima tra tutti la Cina) si rivolgeranno ad altri mercati, facendo così salire il prezzo. Lo mostra il fatto che il 3 ottobre, dopo che il presidente Biden ha dichiarato che gli Stati Uniti stavano discutendo se supportare o meno un simile attacco da parte di Israele, il prezzo del greggio si è impennato del 5%.
Bjarne Schieldrop, analista capo delle materie prime presso la banca svedese Seb, ha addirittura prospettato che nel caso di un attacco alle infrastrutture petrolifere iraniane il prezzo del greggio potrebbe raggiungere i 200 dollari al barile. Egli ritiene che finora l’aumento sia stato “molto modesto”, considerando le "potenziali situazioni catastrofiche" che si stanno sviluppando in Medio Oriente. Oltre all’attacco contro le infrastrutture petrolifere, che secondo Schieldrop potrebbe ridurre di due milioni di barili al giorno le esportazioni iraniane, l’analista considera anche le eventuali ripercussioni sullo stretto di Hormuz. Una situazione che Schieldrop definisce “potenzialmente catastrofica”.
A questo contesto globale si aggiungono le incertezze nazionali sulle accise, innescate da alcune indiscrezioni diffuse all’inizio di settembre su un possibile allineamento dell’accisa sul gasolio con quella della benzina e conseguente aumento della prima. Questa ipotesi è emersa dal Piano Strutturale di Bilancio 2025-2029 trasmesso alle Camere il 28 settembre 2024. Ciò ha scatenato la reazione di diverse associazioni di consumatori e delle imprese, comprese quelle dell’autotrasporto, che hanno chiesto chiarimenti al Governo.
Una prima risposta è arrivata dal ministero dell’Economia, che il 3 aprile ha definito “fuorviante la notizia secondo la quale il governo intende aumentare le accise sui carburanti". Ha però aggiunto che è “allo studio un meccanismo di allineamento tra i livelli delle rispettive accise", precisando che “in ogni caso, l'intervento non si tradurrà nella scelta semplicistica dell'innalzamento delle accise sul gasolio al livello di quelle della benzina, bensì in una rimodulazione delle due".
Il punto è che il ministero non spiega come avverrà la “rimodulazione”. Ricordiamo che l’accisa sulla benzina è superiore di circa 11 centesimi a quella del gasolio ed è difficile pensare che la “rimodulazione” abbasserà la benzina al livello del diesel. Se scenderà la prima, dovrà inevitabilmente salire la seconda di qualche centesimo e quindi un aumento del gasolio dovrebbe comunque avvenire. Insomma, la nota ministeriale non ha chiarito nulla.