Si conclude con tre patteggiamenti la vicenda della corruzione al porto di Genova che ha coinvolto l’ex presidente della Regione Liguria, Giovanni Toti, l’ex presidente dell’Autorità portuale, Paolo Emilio Signorini, e l’imprenditore dei trasporti Aldo Spinelli. A dicembre 2024, il Gup del Tribunale di Genova Matteo Buffoni ha infatti ratificato le richieste di patteggiamento dei tre imputati.
Per Toti il magistrato ha stabilito una pena di due anni e tre mesi di reclusione per il reato di “asservimento della funzione”, che sono convertiti in 1.620 ore di lavori socialmente utili. Toti svolgerà quest’attività alla Lega Italiana per la Lotta Contro i Tumori, mentre l’ex presidente aveva chiesta di fare il testimonial per il Parco Regionale di Montemarcello-Magra-Vara. Inoltre, per tre anni Toti sarà interdetto dai pubblici uffici e non potrà contrattare con la Pubblica Amministrazione.
Gli altri due imputati dovranno scontare pene superiori per il reato di “corruzione propria”. Quella di Paolo Emilio Signorini e di tre anni, cinque mesi e 28 giorni e quella di Aldo Spinelli di tre anni e tre mesi. Anche loro possono beneficiare dei lavori socialmente utili, che la Legge Cartabia prevede per le condanne inferiori a quattro anni. La vicenda ha anche portato al sequestro di 770mila euro.
I legali di tutti gli imputati hanno dichiarato che il patteggiamento non è un’ammissione di colpevolezza, ma un modo per ridurre i tempi processuali. L’Italia, infatti, è uno dei pochi Paesi che prevede il patteggiamento anche senza ammissione di colpa, anche se l’articolo 445 del Codice Penale equipara il patteggiamento a una sentenza di condanna. A tale proposito bisogna considerare che se il magistrato che decide sul patteggiamento ritiene - solo sulla base degli atti - che il fatto non sussista o che l’imputato non sia colpevole, rigetta la richiesta di patteggiamento. Inoltre, la Cassazione ha dichiarato più di una volta che la richiesta di applicazione della pena deve essere considerata come ammissione del fatto. D’altra parte un imputato può accettare il patteggiamento anche se si ritiene innocente, per evitare il lungo e costoso processo ordinario.