Il 12 marzo 2016 entra in vigore il Decreto Ministeriale del 15 dicembre 2015, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale numero 7 dell'11 gennaio 2016, che impone nuove procedure per le dimissioni o le risoluzioni consensuali con il datore di lavoro. La norma prevede che hanno valore solamente le dimissioni presentate in via telematica, usando l'apposito modulo pubblicato sul sito web del ministero del Lavoro. Il testo consente al lavoratore sette giorni dopo l'invio delle dimissioni per ritirarle.
Lo scopo di questa innovazione è impedire che il lavoratore sia costretto, magari prima dell'assunzione, a compilare lettere di dimissioni firmate con data in bianco, che possono poi essere usate per attuare pressioni nei suoi confronti. La procedura telematica, infatti, ha la data certificata.
Secondo quanto spiega lo stesso ministero del Lavoro, il lavoratore che presenta le dimissioni può scegliere tra due procedure alternative. Con la prima può inviare il modulo digitale direttamente al ministero del Lavoro, ma per farlo deve avere il pin Inps Dispositivo. Egli potrà così accedere al modulo online che dovrebbe recuperare in modo automatico le informazioni sul rapporto di lavoro. Però, se il lavoratore è stato assunto prima del 2008, dovrà indicare lui la data d'inizio del rapporto, la tipologia del contratto e i dati del datore. Se il lavoratore non intende questa procedura diretta, può rivolgersi a un soggetto abilitato, ossia un patronato, un sindacato, un ente bilaterale o una commissione di certificazione. Sarà questo soggetto a compilare i dati e inviarli al ministero del Lavoro.
Se il lavoratore non attua tale procedura, le sue dimissioni non saranno ritenute valide. Inoltre, se il datore di lavoro altera i moduli, subirà una sanzione da 5000 a 30mila euro. La norma precisa che la nuova procedura non deve essere attivata per dimissioni e risoluzioni consensuali avvenute nelle cosiddette sedi protette, ossia gli Uffici del ministero del Lavoro, le commissioni di conciliazione o di certificazione.
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