Durante il processo, i legali della società autostradale hanno sostenuto la tesi che il camion fosse uscito di strada per un colpo di sonno del conducente, ma i giudici sono voluti andare oltre a questa giustificazione, disponendo una perizia tecnica sulle misure di protezione dell'autostrada. I periti hanno mostrato che il guard-rail del viadotto non offriva la necessaria resistenza per contenere la massa del camion, mantenendolo sulla carreggiata.
Guerino Berghella era un socio del Consorzio Trasporti Sangro di Atessa e nel febbraio del 2010 stava viaggiando da Milano verso lo stabilimento abruzzese della Sevel, trasportando componenti per autoveicoli. Al momento dell'uscita di strada, avvenuta sul viadotto Brusciano dell'autostrada A14, vicino al casello di Ortona, il suo camion aveva una massa complessiva di 17 tonnellate e viaggiava a una velocità di 70 km/h.
I giudici non hanno considerato, in questo caso, come responsabilità le possibili colpe dell'autista sulla condotta di guida perché, affermano, il compito delle misure di protezione, come il guard-rail, è proprio quello di prevenire anche eventuali errori dei conducenti. I giudici hanno così dato ragione ai legali dei familiari delle vittime, siglando una delle prime sentenze italiane su questo argomento, che sostenevano che una barriera più efficiente avrebbe potuto salvare la vita del camionista. La Società Autostrade dovrà risarcire la famiglia di Berghella con circa 900mila euro.
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