Il 27 luglio 2016 un autoarticolato di un'azienda di autotrasporto italiana carico di acqua minerale piombò addosso a una colonna di veicoli fermi sulla carreggiata nord dell'autostrada svizzera A2, all'altezza di Quinto. Il camion investì una vettura, schiacciandola contro un altro veicolo pesante fermo e causando la morte di tutti gli occupanti, padre, madre e due figlie. Lo stesso autista del camion investitore, di cinquant'anni, rimase gravemente ferito, ma si salvò. Però, venne incriminato di omicidio colposo plurimo e di grave infrazione alle norme stradali e il 4 dicembre 2017 venne rinviato a giudizio.
La perizia dell'accusa afferma che l'autoarticolato viaggiava a 90 km/h e l'autista ha frenato inutilmente solo pochi metri prima dell'impatto con la vettura, anche se questa era visibile almeno da 400 metri. Se invece avesse iniziato la frenata a settanta metri, avrebbe potuto evitare l'investimento. I rilevi successivi all'incidente mostrano che il camionista non aveva bevuto sostanze alcoliche e non stava usando il telefono. Egli, inoltre, non ricorda nulla della dinamica dell'incidente.
In attesa del processo, la difesa dell'autista ha illustrato la sua spiegazione dell'incidente: una sindrome di apnea notturna, che può causare sonnolenza alla guida. Secondo una perizia, l'autista soffrirebbe in modo serio di questa patologia, anche se all'epoca dell'incidente non lo sapeva e questo disturbo può avere influito sulla dinamica dei fatti. Perciò, la difesa chiede il proscioglimento dell'imputato ancora prima del processo, sulla base anche di una precedente sentenza della Corte d'appello su un caso simile.
Il lrappresentante degli accusatori privati però si oppone a questa richiesta, affermando che la sindrome delle apnee notturne può essere non la causa, ma l'effetto dell'incidente e rilevando come l'autista durante l'inchiesta abbia affermato di non soffrire di malattie. La decisione sulla sorte del camionista spetta al presidente della Corte.
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