I veicoli industriali della categoria eurocombi sono quelli che hanno dimensioni o pesi superiori a quelli consentiti dalle norme, senza però dover viaggiare con le autorizzazioni per il trasporto combinato. Su questi veicoli in diversi Paesi possono circolare, ma solo a determinate condizioni, come itinerari predefiniti e formazione specifica per gli autisti. È una soluzione apprezzata dalle imprese di autotrasporto strutturate e dai costruttori degli autoveicoli, perché aumentando il carico utile dei singoli riducono il numero di viaggi, abbassando quindi i consumi e le emissioni di CO2.
Gli esempi portati dall'Acea riguardano le combinazioni da 25,25 metri e da 32 metri. Nel primo caso, l'autotreno ha una capacità di 150 metri cubi, contro i 100 mc di un veicolo normale, quindi quattro eurocombi possono sostituire sei autotreni normali. Nel secondo caso, i complessi hanno una capacità di 200 metri cubi, quindi tre unità possono sostituirne sei normali, riducendo le emissioni di CO2 fino al 27%. Ma chi si oppone afferma che le maggiori dimensioni e pesi rappresentano un maggiore pericolo sulle strade, che ostacolano il trasferimento delle merci dalla strada alla ferrovia o che aumentano l'usura di ponti e strade.
Recentemente, l'associazione europea dei costruttori di autoveicoli Acea ha chiesto a Bruxelles di realizzare un quadro normativo favorevole agli eurocombi, per farli viaggiare su corridoi internazionali. Ciò vale ancor di più in prospettiva perché il trasporto merci dovrebbe aumentare nei prossimi anni. Oggi questi veicoli sono permessi in Belgio, Danimarca, Finlandia, Finlandia, nella maggior parte dei Land tedeschi, Paesi Bassi, Portogallo, Spagna e Svezia, ma non ci sono norme che consentono il trasporto transfrontaliero. L'Acea sostiene che le preoccupazioni espresse da chi è contrario agli eurocombi "si sono rivelate ingiustificate".
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