L’8 aprile 2021 la Guardia di Finanza ha eseguito 71 arresti e sequestrato quasi un miliardo di euro al termine dell’indagine Petrol-Mafie Spa, che non solo ha svelato una delle più grandi frodi fiscali nel commercio di carburante, ma ha anche mostrato il coinvolgimento diretto delle mafie in quest’attività.
L’organizzazione importava il gasolio dall’estero, nella maggior parte dei casi dall’Europa orientale, dichiarandolo come oli lubrificanti o altre miscele, evitando così il pagamento delle accise. Il prodotto era trasportato con documenti falsi in alcuni impianti di stoccaggio di Maierato (Vibo Valentia) e Santa Venerina (Catania) per essere poi venduto al dettaglio tramite distributori stradali.
Una seconda frode fiscale scoperta dagli inquirenti ruota intorno al deposito fiscale romano della società Made Petrol Italia, organizzata e promossa da imprenditori vibonesi e con la partecipazione d’indagati romani e napoletani, legati a organizzazioni camorristiche. In questo caso, gli indagati acquistavano gasolio agricolo da questo deposito per venderlo poi come gasolio per autotrazione, intascando la differenza di accise. Lo facevano tramite l’emissione di fatture per operazioni inesistenti da parte di società cartiere intestate a prestanome e riciclando denaro proveniente da attività illecite.
Le due frodi hanno permesso la vendita nel 2018 e nel 2019 rispettivamente 2,4 milioni di litri e oltre 1,9 milioni di litri di prodotto petrolifero, con un’evasione di accisa per 1.862.669,29 euro e un’evasione di Iva per 618.589,68 euro per omessa dichiarazione, oltre alla emissione di fatture per operazioni inesistenti per 249.826,97 euro. Queste frodi sono state commesse da un’alleanza tra le mafie siciliana, calabrese e campana, grazie a una “nefasta sinergia tra mafie e colletti bianchi, senza l’apporto dei quali le prime ben difficilmente avrebbero potuto far fruttare al massimo quel tipo di frodi fiscali”, affermano gli inquirenti.
La diramazione calabrese dell’organizzazione aveva anche progettato un deposito fiscale costiero di prodotti petroliferi nell’area industriale di Portosalvo (Vibo Valentia) che sarebbe stato collegato tramite una condotta sottomarina a una grande cisterna galleggiante porta al largo della costa.
Questa operazione è l’epilogo d’indagini condotte su una duplice direttrice investigativa dalle Direzioni Distrettuali Antimafia di Napoli, Roma, Reggio Calabria e Catanzaro, con il coordinamento della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e di Eurojust. Oltre alla Guardia di Finanza vi hanno partecipato i Carabinieri. La frode ha coinvolto dodici società, cinque depositi di carburante e 37 distributori stradali.