Dopo l'ordinanza della Corte di Giustizia Europea del giugno 2016, il ministero dei Trasporti – spinto anche dalle associazioni dell'autotrasporto – ha chiesto il 5 dicembre all'Autorità per la Concorrenza il parere vincolante per tornare a pubblicare i valori indicativi di riferimento dei costi di esercizio dell'autotrasporto. Il ministero, infatti, non aveva pubblicato tali valori dopo il precedente parere negativo della stessa Antitrust emesso nell'aprile del 2015, a causa della loro "natura restrittiva della concorrenza".
L'Autorità ne ha discusso nell'adunanza del 1° febbraio 2017 e ha espresso il suo parere l'8 febbraio, pubblicandolo sul bollettino del 20 marzo. In concreto, la posizione dell'Antitrust resta critica verso i costi d'esercizio dell'autotrasporto, perché la loro pubblicazione ha una "natura fortemente
restrittiva della concorrenza, a prescindere che ciò faccia seguito ad una determinazione di un'amministrazione nazionale o di un organismo composto da rappresentanti degli operatori economici".
L'Autorità spiega tale posizione rilevando che "tale pubblicazione rischia infatti di condizionare la libera contrattazione tra le parti con conseguente tendenziale allineamento dei prezzi dei servizi di autotrasporto verso l'alto, peraltro senza che il MIT abbia ancora chiarito il legame tra le esigenze di sicurezza che si intenderebbero tutelare e la pubblicazione dettagliata di valori per ciascuna componente dei costi di esercizio".
Sulla sentenza di giugno 2016 della Corte Europea, l'Autorità rileva che si è limitata ad affermare che la normativa comunitaria non impedisce che una normativa nazionale che stabilisca che il prezzo dei servizi dell'autotrasporto "non può essere inferiore a costi minimi d'esercizio determinati da un'amministrazione nazionale", ma la stessa ordinanza, secondo l'Antitrust, "non legittima, anche ai fini della tutela della sicurezza, l'individuazione di valori attraverso metodi e criteri tali da produrre indebite restrizioni della concorrenza, ove sia possibile ricorrere a strumenti meno restrittivi".
A tale proposito, l'Autorità ribadisce che nell'ordinanza del settembre 2013, la Corte Europea esprime "considerazioni fortemente critiche in merito alla non idoneità dello strumento dei costi minimi per perseguire un obiettivo senz'altro meritevole di tutela come la sicurezza". Per farlo "esistono strumenti ben più efficaci e meno restrittivi della concorrenza per tutelare la sicurezza stradale, come le norme dell'Unione in materia di durata massima settimanale del lavoro, pause, riposi, lavoro notturno e controllo tecnico degli autoveicoli". Inoltre, il vettore potrebbe conformarsi alle disposizioni sulla sicurezza pur attuando prezzi inferiori alle tariffe minime stabilite, senza però poterlo provare.
Quindi, l'Antitrust ritiene che l'ordinanza della Corte UE di giugno 2016 "non legittima la determinazione di valori di riferimento delle componenti dei costi dell'autotrasporto nelle medesime modalità oggetto del precedente parere motivato dell'Autorità del 22 aprile 2015", considerando anche che la nuova formulazione dell'articolo 83bis rimette all'autonomia delle parti la fissazione delle condizioni economiche e contrattuali. L'Autorità chiede al ministero di "correggere in radice" l'impostazione complessiva dei costi d'esercizio dell'autotrasporto, riducendo al minimo il rischio "oggi elevato" di condizionare la libera contrattazione tra le parti.
L'Antitrust fornisce anche indicazioni su come rideterminare i costi d'esercizio: "Sarebbe dunque preferibile che codesto Ministero, invece di individuare valori dettagliati per ogni singola componente di costo medio, aggreghi tali voci il più possibile, in modo da tenere conto anche della possibilità di combinare in più modi gli input produttivi realizzando analoghi risultati, sia sotto il profilo dell'efficienza che della sicurezza. Anche tali valori aggregati andrebbero comunque forniti sotto forma di forcelle, il più possibile ampie".
Un'altra indicazione riguarda la modifica della "impostazione per cui tutte le componenti di costo risultano costituite da costi fissi non dipendenti dalle capacità imprenditoriali tranne il costo dell'organizzazione". In pratica, l'Antitrust chiede di eliminare la voce sul "costo dell'organizzazione" perché può variare senza condizionare la sicurezza e "si presta ad agevolare condotte collusive, determinando una spinta verso un innalzamento e allineamento artificiale del livello dei prezzi".
L'Autorità chiede che la nuova procedura sui valori indicativi di riferimento "dovrebbe essere ispirata a criteri di massima trasparenza e rigore, dando conto almeno del modo in cui si è pervenuti ad individuare il valore delle diverse componenti di costo e di come l'indicazione di tali valori serva all'obiettivo di tutelare la sicurezza". Tale trasparenza serve anche per "consentire agli operatori economici coinvolti, anche in caso di contenzioso, di dimostrare che, eventualmente, si sono discostati dai valori di riferimento (che infatti non sono obbligatori) senza però incidere sulle condizioni di sicurezza".
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