Prosegue la battaglia di alcuni Paesi dell’Europa orientale contro la riforma dell’autotrasporto internazionale introdotta dall’Unione Europea attraverso il Primo Pacchetto Mobilità. Dopo il ricorso presentato alla Corte di Giustizia Europea da sette Governi, cinque associazioni dell’autotrasporto hanno scritto alla Commissaria ai Trasporti, Adina Ioana Vălean, per chiederle l’abrogazione della norma che impone il rientro del camion nel Paese di stabilimento al massimo ogni otto settimane, prevista dal terzo paragrafo del primo articolo del Regolamento UE 2020/1055. La lettera è firmata dalla rumena Untrr, dalla bulgara Aebtri, dall’ungherese Mkfe, dalla lituana Linava e dalla polacca Zmpd.
La richiesta viene dopo la pubblicazione del rapporto della Commissione Europea sull’impatto ambientale di questo provvedimento, secondo cui aumenterebbe le emissioni inquinanti prodotte dai veicoli industriali. Le associazioni ritengono che l’obbligo di rientro sia “ ingiustificato e discriminatorio”, perché “non ha nulla a che fare con scopi sociali, ma è solo un passo verso la restrizione del mercato”.
Le associazioni aggiungono che questo provvedimento colpirà soprattutto le imprese dell’Est e che potrà comportare un aumento dei costi di 11mila euro l’anno per ogni veicolo industriale ai vettori stabiliti in Europa orientale che operano in quella occidentale. Infine, le cinque sigle ricordano alla Commissaria Vălean che l’obbligo di rientro non faceva parte del testo del Primo Pacchetto Mobilità presentato dalla Commissione Europea nel 2017 e che non è stato oggetto di una valutazione d’impatto ambientale prima della sua adozione da parte del Parlamento Europeo.