Lunedì 27 marzo 2017 gli autotrasportatori russi hanno rotto la tregua sull'introduzione, avvenuta nel 2015, dell'imposta chilometrica sui veicoli industriali sopra le 12 tonnellate, che ha lo scopo di contribuire ai costi della manutenzione stradale. Già prima dell'applicazione del pedaggio, denominato Platon, avvennero proteste e fermi in diverse zone della Russia, che non impedirono la sua introduzione, ma ne ridussero l'importo. Ora gli autotrasportatori si fermano ancora contro l'aumento dell'imposta, previsto da metà aprile.
Secondo l'agenzia askanews, la maggiore adesione al fermo iniziato lunedì, con il 95% di partecipazione, sarebbe avvenuta in Dagestan, mentre a San Pietroburgo hanno aderito duecento imprese e nella regione del Tyumen altre 170. Uno dei coordinatori della protesta, Mikhail Kurbatov, ha dichiarato all'agenzia France Presse che la protesta andrà avanti almeno fino al 15 aprile.
I primi giorni di fermo hanno già prodotto un risultato, ossia la riduzione dell'aumento al 25%, portando l'imposta a 1,91 rubli per chilometro. Il ministero dei Trasporti russo stima che nel 2017 Platon produrrà introiti per 23 miliardi di rubli, pari a circa 400 milioni di euro. La riscossione dell'imposta è svolta da un'azienda provata che appartiene a Igor Rotenberg, figlio dell'oligarca russo Arkady Rotenberg, ritenuto uno degli alleati più stretti del presidente Putin.
Il giornale online The Mosow Times afferma che almeno due dei coordinatori della protesta sarebbero stati arrestati. Il primo è Andrew Bazhutin, presidente di un'associazione di autotrasportatori con sede a San Pietroburgo, che è agli arresti domiciliari con l'accusa di avere guidato senza patente, il secondo Andrew Vedenin, presidente di un'associazione di autotrasportatori di Tula, è stato fermato per una verifica dell'assicurazione dell'auto. Secondo il sito web ATS-info, che segue gli arresti politici in Russia, altri attivisti sarebbero stati arrestati a Krasnodar, Chelyabinsk e Stavropol.
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