L'indagine è stata condotta dalla procura di Forlì su dieci aziende di autotrasporto (di cui gli inquirenti non hanno fornito il nome) che hanno sede in diverse città italiane - Cesena, Roma, Milano e in Calabria e Sicilia – ma operanti nella provincia di Cesena. Le aziende svolgevano un reale lavoro di autotrasporto, distribuendo frutta e verdura ai punti vendita della Grande Distribuzione Organizzata, ma nello stesso tempo stampavano false fatture per operazioni inesistenti (o sopravvalutavano servizi effettivamente resi) verso altre tre società di trasporto e logistica, che facevano capo alla stessa persona.
Gli inquirenti sono stati insospettiti dalla quantità di lavoro fatturata dalle imprese di autotrasporto, che superava ampiamente le capacità delle imprese, tutte di dimensioni artigianali. Infatti, analizzando il numero dei veicoli, il carburante acquistato e gli autisti impiegati (quando c'erano, perché diverse aziende sono di padroncini), i Finanziari hanno rilevato che non potevano aver svolto un numero così elevato di trasporti fatturati.
Quindi, la Procura ha approfondito l'indagine sulle imprese che ricevevano le fatture, scoprendo così una frode fiscale iniziata nel 2009. Il meccanismo era molto semplice: lo stesso trasporto era fatturato sia dagli autotrasportatori inquisiti - che non svolgevano il servizio segnato in fatture mensili cumulative e generiche – sia da altre imprese di autotrasporto, che effettivamente muovevano i carichi, composti da prodotti ortofrutticoli.
Gli inquirenti hanno trovato altre false fatture per servizi di facchinaggio, carico e scarico della merce, vendita di pallet, pallettizzazione delle merci, emesse sempre dalle solite aziende di autotrasporto, che però non avevano personale ed equipaggiamenti adatti per attuarli. Grazie a questo meccanismo, le società che attuavano la frode gonfiavano i costi e quindi riducevano le imposte da versare. Secondo la Finanza, la frode ha comportato un'evasione fiscale di oltre cinquanta milioni di euro.
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