La Guardia di Finanza ha scoperto l’ennesima frode fiscale nel commercio di carburanti, che ha permesso di evadere l’Iva per un valore di circa quindici milioni di euro. Il meccanismo è quello ormai ben conosciuto del “carosello”, ossia la creazione di diverse società che ricevevano i carburanti importati dall’estero come “destinatari registrati”, ossia in sospensione di accise e Iva. Poi cedevano il prodotto in tale veste (quindi senza applicare l’Iva) ad altre società cartiere create appositamente, che non avevano i requisiti di affidabilità e usavano false fideiussioni. Queste società infine rivendevano i carburanti con l’Iva, che però non versavano all’Erario, permettendo non solo il guadagno dell’imposta ma anche di vendere a prezzi inferiori a quelli di mercato.
L’indagine è nata nel 2020 dall'analisi svolta dalla Finanza e dall’Agenzia delle Dogane di alcune transazioni economiche ritenute sospette in un settore che è sotto costante attenzione per le numerose frodi fiscali che lo riguardano, che spesso fanno capo alla criminalità organizzata. E anche in questo caso gli inquirenti ritengono coinvolta la ‘Ndrangheta tramite uno degli indagati, che è un pregiudicato già sottoposto alla sorveglianza speciale proprio perché ritenuto contiguo a una cosca. È coinvolto anche un pregiudicato che in precedenza era apparso in indagini sulla Camorra.
Questo elemento era titolare di uno dei due depositi di carburante umbri coinvolti nella frode, mentre l’altro risulta intestato a un imprenditore, anch’egli indagato. Al termine dell’indagine, la Procura di Perugia ha stabilito gli arresti domiciliari per cinque indagati e il sequestro preventivo di denaro, beni, compendi aziendali e depositi petroliferi a carico di dodici persone e sette società, per un valore complessivo di oltre quindici milioni di euro. Le accuse rivolte agli indagati sono di associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale, mediante l’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, e trasferimento fraudolento di valori.