Una parte consistente dell'autotrasporto italiano rischia di chiudere o comunque di rimanere ridimensionato se ArcelorMittal attuerà l'intenzione comunicata oggi ai commissari dell'Ilva di rescindere l'accordo di affitto con acquisizione degli impianti dell'azienda italiana, lasciandola così nella totale incertezza sul suo futuro. In una nota, la compagnia indiana ha "chiesto ai commissari straordinari di assumersi la responsabilità delle attività di Ilva e dei dipendenti entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione". L'accordo venne firmato da ArcelorMittal il 31 ottobre 2018 e permette alla società indiana la rescissione. Le cause del ritiro sono il mancato esonero degli attuali dirigenti dai provvedimenti legali connessi alle indagini sull'inquinamento ambientale prodotto dallo stabilimento di Taranto e altri "gravi eventi indipendenti dalla volontà di ArcelorMittal". Tali fattori, prosegue la nota "hanno contribuito a causare una situazione di incertezza giuridica e operativa che ne ha ulteriormente e significativamente compromesso la capacità di effettuare necessari interventi presso Ilva e di gestire lo stabilimento di Taranto".
L'accordo prevede un periodo di affitto di diciotto mesi dal 1° novembre 2018 durante il quale ArcelorMittal s'impegna a investire 1,1 miliardi di euro in risanamenti ambientali e 1,2 miliardi per la ristrutturazione dell'impianto. Al termine dell'affitto, la società indiana avrebbe dovuto acquisire gli asset dell'Ilva per 1,8 miliardi (da cui detrarre i canoni dell'affitto). La società siderurgica italiana occupa 10.700 persone, di cui 8200 a Taranto e di queste 1276 sono in cassa integrazione ordinaria per tredici settimane. Altrettanto importante è l'impatto dell'Ilva sull'indotto, tra cui spicca l'autotrasporto che deve ancora riprendersi dalle gravi conseguenze dell'insolvenza lasciata dalla precedente proprietà.
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