Da tempo il contratto nazionale Logistica, Trasporto Merce e Spedizioni impedisce la possibilità di applicare il lavoro a chiamata – definito anche intermittente – agli autisti di veicoli industriali. Però una recente sentenza della Corte di Cassazione (numero 29423 del 13 novembre 2019), stabilisce che la contrattazione collettiva non può vietare questo tipo di lavoro, ma eventualmente può fissare solo le “esigenze” entro cui è consentito. Quindi, il divieto previsto dal contratto del trasporto non è più valido. Lo precisa anche l’Ispettorato Nazionale del Lavoro nella circolare 1/2021 diffusa l’8 febbraio, dove afferma che nelle attività di vigilanza non bisogna più considerare le clausole sociali che si limitano a vietare il lavoro intermittente.
Per quanto riguarda l'autotrasporto, l’Ispettorato afferma che il ministero del Lavoro ha “chiarito che l’attuale contrattazione collettiva di settore non contiene specifiche previsioni in ordine alla individuazione delle ‘esigenze’ per le quali è consentita la stipula del contratto intermittente”. L’unica disposizione del settore risale al 1923 (Regio Decreto numero 2657, mai abrogato) che indica tra le attività discontinue solo quelle relative al carico e scarico delle merci, senza menzionare la guida dei veicoli (anche per il basso numero dei camion a quell’epoca).
La conclusione è che il lavoro intermittente si può applicare anche agli autisti di veicoli industriali, anche se l’Ispettorato ritiene legittima la condizione che essi abbiano meno di 24 anni o più di 55 anni, sempre in virtù della Legge del 1923. Ricordiamo anche che il Decreto legislativo 81 del 2015, che definisce il lavoro intermittente a tempo determinato o indeterminato stabilisce che è ammesso per un numero massimo di 400 ore in tre anni, oltre i quale diventa a tempo pieno e indeterminato.