Come annunciato dopo l’approvazione definitiva del Primo Pacchetto Mobilità, che riforma l’autotrasporto internazionale, alcuni Governi dell’Unione hanno presentato ricorso alla Corte di Giustizia Europea contro alcuni provvedimenti o per chiedere il suo annullamento. Da novembre 2020 otto Paesi hanno presentato un ricorso, e non solo dell’Europa orientale. Sette ricorsi – presentati da Bulgaria, Romania, Ungheria, Polonia, Lituania, Cipro e Malta - riguardano l’obbligo di ritorno del veicolo industriale nel Paese dove ha sede l’impresa di autotrasporto al massimo ogni otto settimane e dell’autista ogni quattro settimane. Questi ricorsi sono sostenuti anche da un recente studio della Commissione Europea secondo cui tale provvedimento aumenta le emissioni di CO2.
L’ottavo ricorso è stato presentato da un Paese dell’Europa occidentale, il Belgio, che approva il Primo Pacchetto Mobilità tranne per le misure sul cabotaggio stradale. La decisione dei giudici su tutti i ricorsi è prevista per l’inizio del 2023 e nel frattempo le associazioni degli autotrasportatori e i sindacati della Road Alliance, che sostiene integralmente la riforma, si mobilitano in difesa del Pacchetto.
Lo stesso sindacato degli autisti belga Ubt contesta la decisione del suo Governo. Il presidente Frank Moreels ha dichiarato che “unendosi ora ad altri sette Paesi europei, il Belgio mostra la sua brutta faccia. Anche noi, i sindacati, avremmo voluto rivedere alcuni provvedimenti del Pacchetto Mobilità. Infatti, sono stati abbandonati l'introduzione immediata del cronotachigrafo digitale e l'obbligo per tutti i veicoli di trasporto di montare il cronotachigrafo. Ma noi, a differenza dei datori di lavoro, siamo stati capaci di rassegnarci al compromesso raggiunto”.