I quattro imputati al processo di Viterbo devono rispondere di frode fiscale e di sfruttamento dei dipendenti, reati compiuti tramite un consorzio che raccoglieva diciannove cooperative di autotrasporto con sede nella provincia laziale. Due degli accusati sono imprenditori ritenuti a capo della rete di coop e due sono dipendenti che gestivano le attività e il personale. Ogni cooperativa aveva il nome di pianeti o di costellazioni ed era intestata a prestanome.
Secondo il pubblico ministero Massimiliano Siddi, gli accusati avrebbero emesso false fatture per diciannove milioni di euro per non pagare imposte e Iva, ma anche sottopagato alcuni dei 230 autisti impiegati nella forma di soci-lavoratori, dopo averli costretti a svolgere pesanti turni di lavoro sotto il ricatto di perdere il lavoro. Secondo l'accusa, il consorzio acquisiva appalti per la distribuzione dei farmaci da grossisti con tariffe più basse della concorrenza e affidava il trasporto alle cooperative, che tramite la frode fiscale e lo sfruttamento degli autisti producevano comunque profitti. Dopo un certo periodo, le cooperative erano poste in liquidazione e sostituite da altre appositamente costituite. Questi reati sarebbero stati compiuti per sei anni, dal 2011 al 2016.
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