Una nuova indagine, denominata Petrolio fantasma, è stata conclusa nel contrabbando di carburante che in questo caso è stato gestito da un broker astigiano. L'inchiesta è stata avviata dalla Produca di Asti e condotta dalla Guardia di Finanza locale, con il supporto dei reparti della Liguria, Lazio, Abruzzo, Campania e Calabria. L’organizzazione dei contrabbandieri aveva infatti diramazioni in Italia, coinvolgendo imprenditori romani, napoletani e calabresi. Il meccanismo è ormai noto: il gasolio era importato dichiarando che sarebbe stato successivamente esportato, esonerando così il pagamento d’imposte e accisa, mentre in realtà era venduto in nero in Italia.
I contrabbandieri avevano così costituito una società che acquistava il gasolio da un’azienda con sede negli Emirati Arabi Uniti. Il carburante era poi stoccato in un deposito doganale di Vado Ligure (Savona) e poi la società presentava a uno spedizioniere la documentazione che attestava la cessione di questo gasolio a una società albanese, anch’essa costituita apposta per la frode.
Infine, la pratica era formalmente chiusa inviando allo spedizioniere una falsa documentazione che attestava il trasporto stradale del gasolio in Albania tramite il corridoio di Neum, una la stretta striscia di terra in Bosnia-Erzegovina, che separa la Croazia. I contrabbandieri hanno scelto questa soluzione perché offre procedure semplificate. In concreto tali procedure non prevedono controlli doganali in uscita dalla Croazia e quindi non è necessario provare l’uscita dal territorio comunitario col visto della Dogana croata.
Ma questa era solo una copertura formale, perché in realtà il gasolio non usciva dall’Italia ma era venduto nel territorio nazionale senza pagare Iva e accise. Al termine dell’inchiesta la Finanza ha proceduto all’arresto di nove persone (quattro in carcere, tre ai domiciliari e due con obbligo di presentazione) e al sequestro di tre autocarri, altrettanti rimorchi, un veicolo del valore di 180mila euro e quote societarie.