Il cargo era "felix" solo per i truffatori, ovviamente, perché per i committenti semplicemente spariva nel nulla, dopo che veniva caricato su un camion apparentemente in regola. Il meccanismo era quello già ben sperimentato in altre truffe di questo tipo: utilizzare un'impresa di autotrasporto formalmente regolare per proporsi con tariffe invitanti ad un committente, caricare la merce e poi rivendere la spedizione al mercato nero. La Polizia di Rovigo ha incastrato la banda dopo sei mesi d'indagini, terminate con tre arresti domiciliari e cinque obblighi di presentazione per associazione a delinquere, truffa, ricettazione, falsità in scrittura privata e sostituzione di persona. In tutto, le persone sottoposte a indagini sono trentacinque.
L'inchiesta è iniziata dalla denuncia dell'amministratore di una delle imprese coinvolte nella truffa. Gli autotrasportatori avevano una facciata legale sia perché la banda ha acquisito imprese che in passato svolgevano realmente attività di autotrasporto, usando quindi il loro buon nome, sia perché le costituiva lei stessa, seguendo le normali procedure. Poi si rivolgevano ai potenziali committenti, soprattutto spedizionieri, e utilizzavano sui camion autisti compiacenti, che dirottavano senza discutere la merce verso i capannoni della banda.
I truffatori puntavano a merci di diverso tipo: prodotti alimentari e per l'industria, macchinari, materie prime per la lavorazione, materiale idraulico ed elettrico. Evidentemente, avevano una diffusa rete di ricettazione, anche all'estero, cui vendevano la refurtiva al 20-30% dei suo valore. Nonostante questa bassa percentuale, la banda avrebbe raccolto circa due milioni di euro.
Secondo la Polizia, gli organizzatori sarebbero le tre persone detenute agli arresti domiciliari, di cui una residente in provincia di Rovigo, una a Padova e la terza a Brescia. La banda, che aveva base tra Rovigo e Brescia, operava in tutta Italia e aveva diversi capannoni per stoccare la merce prima di rivenderla.
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