Si sta preparando una tempesta perfetta sul gasolio, con prezzi in crescita e carenza di prodotto. Il primo fenomeno è già in corso, perché dall’inizio dell’anno il prezzo alla pompa è tornato sopra i due euro al litro, dopo che il Governo ha deciso di non rinnovare lo sconto sulle accise. A Palazzo Chigi si parla di “speculazione” e si annunciano controlli da parte della Guardia di Finanza. Quest’ultima ha comunicato che da marzo a dicembre 2022 ha rilevato 2809 violazioni alla disciplina sui prezzi, su un totale di 5187 verifiche.
Le fonti governative però non precisano in che punto della filiera della fornitura avverrebbe questa “speculazione”. Le associazioni dei distributori parlano di “polemiche strumentali”, come le ha definite il presidente della Faib, Giuseppe Sperduto, precisando che “non siamo noi a determinare il prezzo”. I gestori non lavorano a percentuale, ma ricevono una somma fissa, che mediamente è di 3,5 centesimi al litro.
Sperduto aggiunge che l’eliminazione dello sconto sulle accise ha penalizzato anche i distributori: “Prima il cliente mettendo 20 euro riceveva 15 litri di carburante e noi guadagnavamo 50 centesimi, ora mettendo 20 euro di benzina riceve 10 litri e noi guadagniamo poco più di 30 centesimi. La reintroduzione delle accise ha rimesso le lancette indietro e siamo ricaduti nella situazione di estrema difficoltà che avevamo in precedenza. È una situazione vergognosa e insostenibile”.
Anche l’associazione dei commercianti all’ingrosso Assopetroli-Assoenergia spiega di non avere la possibilità di determinare i prezzi, ma li subisce essendo al centro della filiera: “Parlare di speculazione è pertanto ingiusto e gli aumenti registrati rispecchiano l’aumento delle accise del 1° gennaio scorso”, afferma il presidente Andrea Rossetti. “Le piccole e medie imprese sono inoltre vittime di una tassazione iniqua, prevista dalla Legge di Bilancio con la norma sugli extraprofitti che procura loro stress finanziario e crisi di liquidità”. Egli precisa che il settore è controllato da diversi organismi: Antitrust, Arera, Guardia di Finanza, Mase, Agenzia delle Dogane e ministero delle Imprese.
Infine, pure l’associazione delle grandi industrie petrolifere Uniem (ex Unione Petrolifera) sostiene che l’aumento del prezzo del gasolio dipende dalla cancellazione dello sconto sulle accise e quindi l’accusa di speculazione è “non corretta e infondata”. Lo ha dichiarato il presidente Claudio Spinaci, precisando che “gli effetti economici del provvedimento sui prezzi di benzina e diesel, pari a 0,183 euro al litro, sono più o meno uguali agli aumenti alla pompa”, anche perché “tra l’ultima settimana di dicembre e i primi giorni di gennaio il prezzo industriale non è variato”.
Ma l’aumento dell’inizio d’anno potrebbe essere solo la prima fase della tempesta, perché nelle prossime settimane potrebbe scatenarsi “la più grande crisi del gasolio”, secondo Dario Scaffardi, ex amministratore delegato della raffineria Saras. Questa sua previsione appare in un’intervista rilasciata all’agenzia Bloomberg lo scorso novembre, che ora torna d’attualità. Oltre all'aumento del prezzo si potrebbe assistere anche a una carenza di prodotto, per una coincidenza di cause: la guerra in Ucraina e le conseguenti sanzioni contro le esportazioni dalla Russia, ma anche la crescita della domanda nell’America settentrionale, che sta aumentando i prezzi anche oltreoceano, spingendo le multinazionali a dirottare le petroliere verso la sponda opposta dell’Atlantico. Insomma, se il 2022 è stato l’anno nero per il gas, il 2023 potrebbe esserlo per il gasolio.