Aveva il quartier generale a Vicenza l’organizzazione che ha attuato una colossale frode fiscale nel commercio di carburanti, sgominata dalla Guardia di Finanza nell’ambito di un’indagine coordinata dalla Procura e partita da un’analisi di rischio svolta dall’Agenzia delle Dogane di Vicenza. Per attuare la frode, l’organizzazione si è basata su due depositi a Sossano (Vicenza) e Villadose (Rovigo) e ha utilizzato, durante il 2019, due diversi meccanismi di frode per evadere l’Iva. Il primo prevedeva l’utilizzo dell’esenzione fiscale applicata agli esportatori abituali, tramite false lettere d’intenti emesse da diverse società “cartiere” a favore di una società di commercio con sede a Sossano.
Quest’ultima acquistava benzina e gasolio da imprese slovene e croate per rivenderlo alle società “cartiere” in esenzione dell’Iva. Queste rivendevano il prodotto sottocosto e solo formalmente i carburanti ad altre società filtro, applicando l’Iva, e queste ultime lo rivendevano alle rete di distribuzione (soprattutto pompe bianche) a un prezzo molto basso. Il profitto avveniva grazie all’evasione dell’Iva applicata dalle “cartiere”, che non versavano l’Iva, per poi dissolversi in un gioco di fusioni che è terminato in una società statunitense.
Il secondo meccanismo fraudolento è una variazione del primo ed è stato elaborato dopo l’entrata in vigore della Legge che vieta di usare le dichiarazioni d’intento per le cessioni o importazioni definitive di carburanti per autotrazione. L’organizzazione ha quindi usato il reverse charge (inversione contabile) interponendo una nuova società cartiera con sede a Padova che acquistata dalla società madre vicentina grazie al meccanismo fiscale che neutralizza l’Iva all’estrazione del prodotto dal deposito.
Ciò permetteva a quest’ultima di fatturare senza Iva, per effetto della traslazione del debito di imposta sul cessionario. Per evadere l’Iva la società cartiera padovana non produceva all’Agenzia delle Entrate l’attestazione dell’avvenuto pagamento dell’imposta ma una “idonea garanzia” costituita da una falsa polizza fideiussoria rilasciata da una società ungherese.
Per attuare questi meccanismi, l’organizzazione ha prodotto fatture false per quasi seicento milioni di euro. Al termine dell'indagine, la Procura di Vicenza ha disposto misure cautelari per nove indagati, accusati a vario titolo dei reati continuati di emissione di fatture per operazioni inesistenti, sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte, dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e mediante altri artifici, omessa dichiarazione ai fini dell’Iva. Inoltre ha disposto il sequestro preventivo per una somma complessiva di 99.178.938 euro.