Il crescente aumento del prezzo del gas naturale ricavato da fonti fossili, aggravato dallo scoppio della guerra in Ucraina, sta rendendo più conveniente dal punto di vista economico il biometano, ossia il gas ricavato da fonti rinnovabili. Lo afferma l’associazione europea European Biogas Association (Eba), secondo cui la differenza di prezzo ha raggiunto il 30%. Questa valutazione è stata svolta a metà febbraio 2022, quando il gas fossile era valutato 80 euro al MWh (mentre l’11 aprile ha raggiunto la quota di 139 euro), a fronte di un prezzo dichiarato per il biometano di 55 euro per MWh. L’associazione afferma che questa convenienza resterà anche nel medio e lungo termine.
Resta sempre il problema della sua disponibilità che, seppure crescente, non riesce ancora a sostituire le forniture di gas fossile. Secondo l’Eba, entro il 2030 potrebbero essere disponibili in Europa 34 miliardi di metri cubi di biogas – a condizione che sia attuato un quadro legislativo di supporto – pari al dieci percento del consumo europeo (e a circa il venti percento della importazioni dalla Russia). Tale percentuale potrebbe salire al 40-50% entro il 2050. Anche se non potrà sostituire il gaso fossile, la crescente produzione del biogas servirà almeno a stabilizzarle il prezzo.
L’associazione afferma che “l’intera filiera del biometano è pronta ad aumentare la produzione in Europa”, che si può trasportare tramite gli attuali gasdotti. Servono però un “chiaro quadro legislativo per gli investimenti a lungo termine” e una stretta collaborazione tra pubblico e privato. L’Eba ha censito 1023 impianti di produzione di biometano in Europa, l’87% dei quali già collegati a una rete di distribuzione. Di questi, quasi trecento sono entrati in funzione nell’ultimo anno e mezzo. I Paesi che mostrano il maggiore aumento sono Francia, Italia e Danimarca. Nel nostra Paese ne sono sorti undici nel 2020, mentre l’Eba non ha diffuso i dati dell’anno successivo.