L’ambizione era quella di realizzare un terminal ferroviario accanto a una vivace area industriale locale senza perdere di vista la realtà economica della vicinissima Vigevano, ma lo scalo merci di Parona, in quel comprensorio della provincia di Pavia chiamato Lomellina, non ha mai movimentato un solo treno e ora, al culmine di questa storia di cattiva gestione, è diventato addirittura un affare da rigattieri.
La vicenda vede il suo epilogo con una procedura di mediazione avviata in Camera di conciliazione alla Camera di commercio di Pavia. I soci privati trattano con il Comune di Parona per ottenere e recuperare i vecchi binari del raccordo già posati a suo tempo, ormai completamente arrugginiti, che hanno solo il valore del ferro vecchio, ma consentono di recuperare almeno un po’ di denaro.
Ma partiamo dall’inizio. Il progetto prese il via nel 2003 con una previsione di costi di circa due milioni di euro. Promotore era la società per azioni Parona Multiservizi, ricco braccio operativo del Comune, grazie alle compensazioni economiche del più importante impianto provinciale di termovalorizzazione dei rifiuti. Questa società aveva affidato i lavori a Combitalia, controllata al 51% dalla stessa amministrazione comunale, mentre il restante 49% era in mano a una società privata di Novara.
Il Comune versò subito un primo acconto superiore al milione di euro, i lavori vennero avviati, ma poco dopo rallentati e quindi definitivamente sospesi, anche per il prosciugamento dei fondi, tra diatribe sulla qualità delle opere, a tal punto che Combitalia in una delle varie puntate di questa telenovela giudiziaria ha citato per danni l’impresa esecutrice.
Nel frattempo, si era aperta un’altra causa di risarcimento, questa volta da parte dello Stato, mentre la Corte dei Conti aveva individuato un “danno erariale a seguito di condotte gravemente colpose” ai danni del Comune. Insomma, mai un treno è stato movimentato nel terminal di Parona, mentre c’è stato un grande traffico di carte bollate.
In seguito, la società Combitalia nel 2014 è stata dichiarata fallita, posta in liquidazione e cancellata dal Registro delle imprese nel 2018. Ora uno dei soci privati è interessato alla vendita del ferro rimasto nello scalo e cerca una mediazione con il Comune che da parte sua intende risanare l’area e recuperarla.
Al di là dell’infelice conclusione di questo progetto, lo scalo resta un tentativo dal sapore un po’ troppo campanilistico di pensare una struttura logistica a favore del territorio. In modo informale, molti operatori hanno sempre sostenuto la tesi secondo la quale nel momento in cui il polo intermodale di Mortara era ancora un vago progetto, a Parona erano convinti di poter imboccare agevolmente la corsia del sorpasso e arrivare per primi. Il risultato però è che l’interporto Timo di Mortara ora è una realtà ben avviata, mentre a Parona si contendono solo i binari arrugginiti.
Piermario Curti Sacchi