Solo un terzo delle merci che percorrono il corridoio del Brennero utilizza la ferrovia, tutto il resto transita su strada. L’esempio della Svizzera, dove il rapporto è rovesciato, dovrebbe essere un obiettivo da perseguire se si vuole sciogliere il nodo sempre più intricato per i trasporti nel principale valico con l’Europa centrale. Questo auspicio è tutt’altro che nuovo ed è stato riproposto a Innsbruck in un incontro promosso da iMonitraf! una serie di realtà territoriali che si sono messe in rete e lungo questo corridoio comprendono il Tirolo austriaco, il Trentino e l’Alto Adige per l’Italia e la Conferenza intergovernativa della Svizzera centrale (Zentralschweizer Regierungskonferenz).
L’obiettivo da perseguire, secondo i proponenti, è quello di favorire nei fatti l’intermodalità sfruttando soprattutto le nuove tecnologie e la digitalizzazione per ridurre i tempi di trasferimento delle merci dalla gomma alla rotaia. Nel triennio 2023-2025 iMonitraf! vuole rafforzare il sistema di monitoraggio sulle caratteristiche dei veicoli commerciali e industriali che percorrono il corridoio del Brennero e sullo spazio conquistato dalle alimentazioni alternative. Queste valutazioni devono poi costituire la base per assumere tutte le iniziative politiche e organizzative favorevoli all’intermodalità.
Quasi contestualmente alle richieste avanzate da iMonitraf!, è stato presentano uno studio da parte dell’Agenzia Europea per le Ferrovie (ERA) sugli ostacoli nel trasporto ferroviario transfrontaliero che causano notevoli perdite di tempo. Lo studio è focalizzato proprio sul Brennero e rappresenta una radiografia impietosa della situazione attuale ben distante da quello che dovrebbe essere lo scenario ideale, auspicato anche da iMonitraf!.
In estrema sintesi: lungaggini tecniche, organizzative e burocratiche fanno perdere senza alcun motivo giustificabile anche cinque ore ai treni che percorrono il corridoio del Brennero. Lo studio dell'Era valuta in modo approfondito e puntiglioso, cronometro alla mano, in che modo si perde tutto questo tempo prezioso.
Per esempio, diverse normative nazionali sulla massa frenata richiedono una ventina di minuti di pratiche burocratiche anche se la composizione del treno non cambia. Una mezzora se la portano via anche i controlli tecnici di frontiera. Ma i ritardi più significativi sono causati, secondo il rapporto dell'Era, dalla mancata gestione e condivisione dei dati cosa che comporta quasi due ore di attesa.
A dispetto delle tanto sbandierate norme sull’interoperabilità, la realtà è ben diversa, basti pensare che ogni amministrazione ferroviaria assegna a un treno un numero che al confine varia e questo dal punto di vista pratico significa che lo stesso treno viene considerato come se fosse nuovo, dovendo rifare da capo tutte le procedure di preparazione. Insomma, per le Sti, le specifiche tecniche di interoperabilità, resta ancora molto da fare.
Piermario Curti Sacchi