Il fronte caldo dei trasporti lungo i valichi alpini nei prossimi anni vedrà sempre in primo piano il Brennero ma tutto lascia supporre che la sfida si sposterà più a est e precisamente verso la Slovenia. Qui le infrastrutture ferroviarie transfrontaliere risultano tutt’altro che all’altezza per un possibile riequilibrio modale tra strada e rotaia. Lo scenario, mettendo in fila i numeri, appare chiaro e da un certo punto di vista anche sorprendente.
La radiografia dell’interscambio sui valichi alpini (209,9 milioni di tonnellate nel 2018) è contenuta nell’Allegato Infrastrutture al Documento di Economia e Finanza (DEF) predisposto dalla presidenza del Consiglio e trasmesso alla Camera l’8 luglio 2020. È un documento interessante perché offre uno spaccato sulle relazioni commerciali con l’est Europa e i Balcani finora non monitorate dai tradizionali report svizzeri di Alpinfo, preziosa fonte di informazioni sulle relazioni transfrontaliere.
Mettendo a confronto i dati di poco più di un decennio, dal 2006 al 2018, si osserva un andamento tutto sommato lineare per quanto riguarda i traffici di transito con la Svizzera e con la Francia, una leggera crescita con l’Austria, mentre al contrario si assiste a una vera e propria impennata con la Slovenia. Quello che colpisce è soprattutto il fatto che storicamente si sono sempre registrati valori tutto sommato contenuti nelle relazioni con il paese che rappresenta la porta settentrionale verso i Balcani.
Prendendo come riferimento il 1996 si era registrato un traffico merci (stradale e ferroviario) di 46,3 milioni di tonnellate con la Francia e di 42,4 milioni attraverso l’Austria, mentre la Svizzera meno aperta alle relazioni transfrontaliere si era attestata a 22,6 milioni di tonnellate. Con la Slovenia invece si era fermi a 12,3 milioni. Il confronto con il 2018 segnala un sostanziale pareggio per quanto riguarda la Francia, una crescita del 75% con la Svizzera, un aumento più marcato con l’Austria (97%) e un’esplosione con la Slovenia che con 41,5 milioni di tonnellate mette a segno un incremento record del 237%. Nel complesso, comunque, quasi il 40% del totale delle merci che attraversa le Alpi passa tuttora attraverso l’asse del Brennero.
Nel riparto modale tra strada e ferrovia balza evidente il tradizionale predominio della rotaia, oltre il 70%, nelle relazioni con la Svizzera e una quota tutto sommato apprezzabile con l’Austria dove le merci trasportate su ferro hanno sfiorato il 28%. La ferrovia risulta invece marginale nelle relazioni con la Francia, e addirittura praticamente inesistente con la Slovenia dove il cargo ferroviario rappresenta il 5% di tutti i transiti. Qui si apre in modo serio il discorso sulle infrastrutture ferroviarie con la Slovenia e di riflesso con gli altri paesi balcanici.
Normalmente la Slovenia dovrebbe inserirsi nel corridoio Mediterraneo che collega la penisola iberica con il confine tra Ungheria e Ucraina attraverso la Francia, le Alpi, quindi l'Italia settentrionale in direzione est verso i Balcani. Ma la ferrovia tra Italia e Slovenia resta una relazione difficile impostata su tracciati ottocenteschi e con nulla di nuovo all’orizzonte.
La Slovenia infatti ha sempre impostato una politica ferroviaria tendente a privilegiare il porto di Capodistria e le relazioni interne verso l’est europeo non manifestando alcuna sensibilità nel migliorare le relazioni con l’Italia come emerge dai periodi rapporti del commissario europeo incaricato di seguire il corridoio Mediterraneo. Nel corso degli anni sono state formulate diverse ipotesi, nessuna delle quali è mai approdata a un progetto neppure di massima.
Piermario Curti Sacchi