Storicamente la rete ferroviaria italiana ha sempre messo in luce in modo paradossale aspetti di assoluta eccellenza accanto a ritardi e carenze infrastrutturali. L’apertura all’esercizio della nuova linea ad Alta velocità Roma-Napoli nel dicembre 2005 è stata contraddistinta dall’esordio del sistema di segnalamento a standard europeo Ertms/Etcs, mai prima di allora adottato su una linea ferroviaria aperta al normale servizio commerciale, una scelta doppiamente coraggiosa perché si decise di far ricorso fin da subito alla nuova tecnologia senza farla convivere, prudentemente, con il segnalamento nazionale.
Ma il primato della Roma-Napoli non fu completo, perché in quell’occasione si segnalò proprio uno dei limiti della rete infrastrutturale ferroviaria, quello della capacità dei nodi, una carenza tuttora per buona parte irrisolta. Nel 2005 infatti l’AV era in esercizio solo tra Roma Prenestina e Gricignano, nei pressi di Aversa. Si dovette attendere ancora un anno per completare l’interconnessione con il nodo romano e addirittura il dicembre 2009, quattro anni dopo, perché la linea raggiungesse effettivamente Napoli con un tracciato dedicato.
La capacità dei grandi nodi è tuttora messa alla prova: Rfi intende dare una risposta ricorrendo alla tecnologia, come il sistema High density, evoluzione locale dell’Etcs, per aumentare la successione dei treni, rendere più fluida la circolazione ed eliminare i colli di bottiglia, ma non si è andati oltre la sperimentazione.
Il grave guasto che si è registrato a Roma il 3 ottobre 2024 e che ha comportato la cancellazione di un centinaio di treni passeggeri, con ripercussioni su tutta la rete, quindi anche su altri convogli come i merci che in casi come questi sono i primi a dover dare la precedenza a tutti gli altri, ha messo in luce proprio la fragilità di tutto il sistema. Errore umano a parte, sempre possibile ma mai motivo di autoassoluzione, la mancata o errata risposta dei sistemi di emergenza, è la dimostrazione più chiara della grave sottovalutazione di come la rete debba essere infrastrutturata. I sistemi ridondanti, previsti per esempio sui mezzi di trazione, devono a maggior ragione essere presenti su tutta la rete, con apparati centrali che possono lavorare in parallelo in caso di necessità.
Ma tra le cause dei disservizi ci sono anche i lavori lungo i binari. Secondo una stima di Rfi, la rete è interessata da oltre un migliaio di cantieri di rinnovo, adeguamento e potenziamento dell’infrastruttura. Sicuramente nei prossimi anni si vedranno i frutti di questo impegno, ma per ora si paga solo un prezzo negativo, anche perché, salvo eccezioni come quelle rappresentate dalle ferrovie complementari, i cantieri sono in funzione con tutte le linee aperte all’esercizio.
A dare una forte accelerazione al piano di interventi che non ha precedenti, sono sicuramente i fondi messi a disposizione con il Pnrr. Nell’arco di un decennio, considerando anche altre risorse, il gruppo Fs intende investire 124 miliardi di euro. Solo considerando il Pnrr, Rfi ha in corso interventi per dieci miliardi di euro, e altri 15 saranno spesi entro il 2026. Questo imponente piano di cantieri apre però un capitolo delicato sui lavori e sulle risorse umane.
Tutti i lavori vengono effettuati da imprese esterne a Rfi, compresa buona parte della manutenzione, ordinaria e straordinaria. In questi casi la sicurezza sui cantieri, al di là del fatto che teoricamente fa capo a Rfi, nella pratica è demandata alla società esecutrice, compresa la formazione del personale. Parliamo poi della qualificazione dei fornitori: secondo fonti Ansfisa, l’Agenzia per la sicurezza, non esiste un’attestazione riconosciuta, le famose Soa, specifiche per eseguire lavori in ambito ferroviario, è il gestore che finisce con lo stabilire i criteri.
C’è poi la zona grigia rappresentata dalle manutenzioni programmate o contingenti, dove si sono verificati i più seri incidenti, anche mortali: le regole sulla carta esistono, ma poi per esigenze di tempi, sempre ristretti, o per sottovalutazione dei rischi, può avvenire l’irreparabile.
Piermario Curti Sacchi