Cinque Paesi comunitari hanno ricevuto a maggio 2020 altrettante note sul diario da parte della Commissione europea. In termine tecnico si chiamano lettere di costituzione in mora, vale a dire intimazioni formali per non aver rispettato e recepito le direttive europee, nello specifico quelle in materia ferroviaria. Il richiamo riguarda due stati di più recente adesione comunitaria, come Croazia e Slovenia, i due paesi della Penisola iberica, in pratica Spagna e Portogallo, ma anche la più attenta e solerte Germania.
Al centro del contendere ci sono le direttive, via via aggiornate e integrate nel corso degli anni, che stanno alla base della nascita dello spazio ferroviario unico europeo, in cui tutte le imprese possono proporre i loro servizi di trasporto senza ostacoli, palesi o occulti, per la concorrenza.
Croazia, Slovenia e Spagna avrebbero dovuto adottare entro giugno 2015 la Direttiva 2012/34 e non lo hanno fatto. Si tratta della separazione tra gestione dell’infrastruttura e attività di trasporto, il presupposto per promuovere la concorrenza quindi con condizioni di accesso trasparenti e con tariffe chiare e indipendenti. Al Portogallo invece è stato contestato il mancato rispetto della direttiva 2004/49 quella che, in estrema sintesi, impone il certificato di sicurezza. Questo è indispensabile per arrivare a una vera liberalizzazione. Al paese iberico sono state riscontrate carenze nella supervisione e nella capacità organizzativa dell’Autorità nazionale preposta alla sicurezza.
Infine l’occhio vigile della Commissione europea si è concentrato sulla Germania, curiosamente il Paese che più di altri si è dato regole per favorire la concorrenza. Così come l’Italia per prima, e con largo anticipo, ha aperto la rete a due diverse imprese che si contendono il mercato dell’alta velocità passeggeri, sulla stessa lunghezza d’onda la Germania ha puntato sul mercato delle merci con il risultato di avere una vivace presenza di operatori ma soprattutto livelli record di traffico. A dire il vero quanto contestato alla Germania, appare quasi marginale nel contesto di tutto il servizio ferroviario: “la Commissione ritiene che le disposizioni nazionali relative ai requisiti per gli impianti di frenatura dei carri merci non siano conformi al diritto europeo e ostacolino gli sforzi di interoperabilità”. Quando la precisione teutonica inciampa su un freno.
Piermario Curti Sacchi