Se l’autotrasporto piange la carenza di personale, la ferrovia non ride. Anzi, anch’essa sta affrontando questo problema, che diventerà più grave nei prossimi anni. Secondo una stima di Confetra, entro il prossimo triennio il sistema ferroviario italiano dovrà rimpiazzare tremila lavoratori, in gran parte macchinisti, che andranno in pensione e già oggi ha difficoltà a reclutare giovani. È un numero pari al venti percento degli attuali impiegati. I dipendenti delle società ferroviarie che hanno più di cinquant’anni sono in percentuale maggiore rispetto alla media nazionale, sottolinea Confindustria. Oltre ai macchinisti, rischiano di mancare capitreno, preparatori del treno e manutentori.
Ad aggravare la situazione ci sono le difficoltà di accesso alla professione e le condizioni di lavoro considerate poco attrattive. “In anni recenti, gli ultimi governi hanno stanziato diversi milioni di euro per supportare la formazione di nuovi autisti e macchinisti, ma i fondi si sono presto esauriti senza risolvere il crescente gap tra domanda e offerta di lavoro. Occorre un piano di reclutamento più articolato se non vogliamo mettere in seria difficoltà il settore”, dichiara il presidente di Confetra, Carlo De Ruvo.
Per essere abilitato alla conduzione dei treni bisogna affrontare un complesso percorso formativo, che varia da sei a nove mesi e richiede tempo e denaro. Perciò, aggiunge De Ruvo “non appare sufficiente lo stanziamento pubblico per la formazione del macchinisti. Negli ultimi anni sono stati infatti previsti tre milioni di euro per il 2021 e solamente un milione di euro per il 2022. Abbiamo bisogno di un maggiore investimento in questa direzione, che permetta agli aspiranti macchinisti di adempiere alle richieste formative”.